venerdì 1 luglio 2011

Mostrare santini


A un certo punto del suo discorso d'investitura, Angelino Alfano, neo segretario politico del PdL, ha mostrato il suo primo "santino" elettorale che il padre gli ha portato per l'occasione. Esso è risalente - egli ha detto - alla sua prima candidatura politica per le elezioni provinciali di Agrigento del 1994. Alfano ha quarant'anni. All'epoca ne aveva ventitre. Pensiamoci bene: diciassette anni di vita a credere, a sostenere, a lottare per Berlusconi senza mai un dubbio, un'esitazione, un'incertezza. Io - che certo non sono diventato ministro né lo diventerò; io - che politicamente mi sono esposto una volta nel '93 in delle elezioni comunali, con un lista civica appoggiata dal centrosinistra, perdendole; io - che a parte il costante stupore misto a dolore nel vedere Berlusconi vincere per tre volte le politiche non ho mai avuto una convinzione politica forte; io - per farla breve - che non ho avuto un pensiero dominante e sono andato sempre in cerca di decostruire le mie fedi; io - ecco che mi trovo più o meno coetaneo del suddetto neo segretario pidiellino e in mano non ho santini da mostrare, forse un volto, uno scritto, mezzi versi ricordati male, frasi masticate, profili di alberi, tramonti incerti, la forma sfilacciata di una nube che mi riporta davanti la faccia del mio primo amore, il sapore di un bacio buono e di una corsa, del tempo costantemente perso, perso, volutamente perso, cercando di tenere bassa la volontà, fottuto schopenhauriano inconsapevole, perché la mia vita politica non vale un cazzo di un applauso? Perché non siedo in un consiglio di amministrazione? Cosa devo diventare donna? No, oramai tengo il mio genere, vedete qui il racconto di Federica.
La mia vita bassa (per usare un termine arbasiniano) è tutta intrisa di pensiero e inazione. Io sono un anti-maurriassiano, leggi: antifascista per eccellenza. Perché io sono nolontà in atto. Questi miei sono pensieri fermi. Io decresco naturalmente. Che sia felice è tutto un altro discorso da non fare qui. La felicità sbandierata è illecita. Non vale un soldo bucato. Come le cinquecentolire che non entrano più nemmeno nei carrelli.

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