sabato 6 dicembre 2014

Introfletto ergo sum

Dal 48° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, estraggo:
La solitudine dei soggetti: i dispositivi di introflessione di un popolo di singoli narcisisti e indistinti. La estraneità dei soggetti alle dinamiche di sistema risalta nel rapporto con i media digitali personali. A fronte del 63,5% di italiani che utilizzano internet, gli utenti dei social network sono il 49% della popolazione e arrivano all'80% tra i più giovani di 14-29 anni. Tra il 2009 e il 2014 gli utenti di Facebook 36-45enni sono aumentati del 153% e gli over 55 del 405%. Gli utenti italiani di Instagram sono circa 4 milioni. Delle 4,7 ore al giorno trascorse mediamente sul web, 2 sono dedicate ai social network. E il numero di chi accede a internet tramite telefono cellulare in un giorno medio (7,4 milioni di persone) è ormai più alto di quanti accedono solo da pc (5,3 milioni) o da entrambi (7,2 milioni). La pratica diffusa del selfie è l'evidenza fenomenologica della concezione dei media come specchi introflessi in cui riflettersi narcisisticamente, piuttosto che strumenti attraverso i quali scoprire il mondo e relazionarsi con l'altro da sé. Non è contraddittorio quindi il dato che emerge da una rilevazione del Censis secondo cui la solitudine è oggi una componente strutturale della vita delle persone: il 47% degli italiani dichiara di rimanere solo durante il giorno per una media quotidiana di solitudine pari a 5 ore e 10 minuti. È come se ogni italiano vivesse in media 78 giorni di isolamento in un anno, senza la presenza fisica di alcuna altra persona.
Dentro il generale, molte volte, il particolare soccombe o si perde, non viene contabilizzato, specificato. 
Nondimeno, come da un seme soffocato nel terreno, spunta il germoglio io e dichiara: che fortuna poter godere di almeno 78 giorni di isolamento annui. Altro che ferie.

Ma non è così. 

La solitudine: differenza tra chi la fugge e ne è condannato, e chi la cerca non avendone mai abbastanza. Mannaggia, non ritrovo il passo in cui Milan Kundera confronta la parola solitudine tra come viene detta e scritta dai francesi (e, aggiungo, dagli italiani): solitude,  e il modo in cui la scrivono e pronunciano gli spagnoli: soledad, notando - se non ricordo male - la sostanziale differenza esistenziale che si evince tra i due termini: solitude che denota chiusura in sé, contrizione, quasi sofferenza; soledad, a indicare apertura di sé al mondo, emanazione del proprio riflesso esistenziale.

Per concludere: nella media quotidiana sono calcolati anche i minuti trascorsi dentro il cesso?

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