lunedì 22 dicembre 2014

La capacità di immaginare

«La concezione di un uomo già dotato di un intelletto capace di immaginare la costruzione della civiltà e di crearla è tutta fondamentalmente falsa. L'uomo non ha semplicemente imposto al mondo un modello creato dal suo intelletto. Il suo intelletto è esso stesso un sistema che, nel tentativo di adattarsi all'ambiente circostante, cambia di continuo. Sarebbe un errore credere che per realizzare una più alta forma di civiltà dovremmo solo mettere in pratica le idee che oggi ci guidano. Se vogliamo progredire, dobbiamo lasciare posto alla continua revisione delle nostre idee attuali che le future esperienze renderanno necessaria. Siamo così poco capaci di immaginare quel che la civiltà sarà o potrà essere fra cinquecento o anche cinquant'anni, quanto lo furono i nostri antenati medioevali o persino i nostri nonni, che non seppero certo prevedere il nostro sistema di vita di oggi.
L'idea di un uomo che deliberatamente costruisce la sua civiltà deriva da un falso intellettualismo che considera la ragione umana come qualcosa al di fuori della natura e provvista di una capacità intellettiva e razionale indipendente dall'esperienza. Ma lo sviluppo della mente umana è parte dello sviluppo della civiltà; e lo stato della civiltà in qualsiasi momento determina la portata e le possibilità di fini e valori umani. La mente non può mai prevedere il proprio progresso. Dobbiamo sempre lottare per la realizzazione dei nostri scopi attuali, ma dobbiamo anche dar modo alle nuove esperienze e agli eventi futuri di decidere quale di tali obiettivi sarà realizzato.»

Friedrich A. Hayek, The Constitution of Liberty, Chicago 1960 (edizione italiana, La società libera, Vallecchi, Firenze 1969, traduzione di Marcella Bianchi e di Lavagna Malagodi). Cap. 2, “Le capacità creative di una civiltà libera”.

L'uomo no, non ha deliberatamente creato alcuna civiltà, ovvero l'ha creata compiendo delle azioni che indirettamente hanno dato vita a delle particolari civiltà. La natura delle azioni compiute e quindi sommate le une alle altre, il cosiddetto lavoro svolto, sono state di volta in volta incanalate all'interno del sistema produttivo in vigore in ciascuna epoca.
Ma che cosa principalmente impedisce alla mente di non «prevedere il proprio progresso»? 
La storia dimostra che gli uomini, dominanti e dominati, ritengono il sistema produttivo nel quale si trovano a vivere come l'ambiente naturale dal quale non possono prescindere pena, una volta, l'ira degli dèi funesti e il crollo del degree (l'ordine sociale garantito dal quel figlio di puttana del monarca di turno), e, oggi, pena la fine della democrazia liberale, perché solo attraverso il libero mercato e la proprietà privata dei mezzi di produzione l'uomo è veramente libero.

Libero una sega[*].
Anche quella.

Da ciò deriva il nostro difetto di immaginazione e di previsione. Tuttavia, se la mente «non può mai prevedere il proprio progresso», può (anzi, deve/dovrebbe) comprendere le leggi che regolano il processo dell'agire umano (il suo fare e la sua produzione) e quel che da esso scaturisce. Rifiutarsi di compiere questa operazione critica, per tema di ledere la legittimità del potere, è respingere a priori ogni idea di progresso reale e garantire giocoforza lo status quo. 

Cazzo, in due secoli di svolgimento il capitalismo è salito più in alto degli dèi dell'Olimpo e di Yahvé.

[*] Ho segato un piccolo albero nel bosco, un abete bianco, alto come un uomo. Ha i rami storti. L'albero di Immanuel. 

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

tutto molto buono, anche il riferimento al legno storto di kant
mi permetto di prendere spunto dal tuo post in quello mio di oggi