sabato 19 novembre 2016

Produttività canaglia

Dall'alto della sua «esperienza del mondo del lavoro maturata nell’arco di ormai quasi mezzo secolo» il giuslavorista Pietro Ichino (molto gius e poco lavorista) ha scritto una lettera al direttore del Corsera per «proporre una riflessione» intorno al tema della produttività dei lavoratori e relativa contrattazione sindacale.

Egli rileva che, se negli anni Settanta dello scorso secolo, tra l'operaio e l'impiegato più produttivi e quelli meno produttivi il dislivello di produttività era contenuto...
«fatta 100 la produttività standard di un operaio-tipo, quello che in concreto aveva una produttività inferiore si attestava intorno a quota 90, raramente si arrivava al limite minimo di 80, mentre quello più produttivo poteva arrivare a 130, 140, raramente a 150. In altre parole, il rapporto tra il più e il meno produttivo non arrivava neppure a 2. All’incirca la stessa cosa di poteva dire degli impiegati con funzioni esecutive, che si trattasse di dattilografia, mansioni inerenti alla contabilità aziendale, segreteria d’ufficio, reception o centralino».
...oggi, invece, la situazione è totalmente cambiata e la differenza di produttività espressa dai lavoratori (anche nello stesso settore di produzione), a volte può raggiungere livelli esorbitanti, che vanno da 100 a 10.000.
Ad esempio:
«tra chi sa soltanto confezionare recapitare una pizza e chi sa individuare i suoi potenziali consumatori e gli ingredienti della stessa pizza a loro più graditi, come raccoglierne in modo più efficiente le ordinazioni e i pagamenti e come organizzare le consegne, si è determinata una distanza molto maggiore nel mercato del lavoro rispetto a quella che separava cinquant’anni fa, o anche solo venticinque, il pizzaiolo o il fattorino più produttivo da quello più imbranato.»
Spazio ai meritevoli, dunque. Contratti nazionali collettivi al macero, ordunque. Solidarietà di classe, un cazzo. Soluzione? Formazione continua dei lavoratori: a lezione di giuslavorismo.
Queste, stringi stringi, il sunto delle conclusioni di iChino (non è un refuso).

Istintivamente, uno potrebbe replicare al giuslavorista così come Vincenzo De Luca ha replicato a Rosy Bindi («infame», «da uccidere»). Ma siccome De Luca non siamo, noi luchi, ispirati da altre considerazioni apprezzabili del governatore della Campania, proponiamo a iChino di ragionare intorno alla produttività di quei “lavoratori” che lo stesso De Luca “ingaggia” e sprona per la ricerca della massima produttività clientelare («Fate votare Sì. Renzi manda un fiume di soldi. Che vi piaccia o no, me ne fotto»)
«"Fai quello che cazzo vuoi, ma porta 4mila persone a votare. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco [Alfieri], vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come cazzo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso”.»
Orbene: fatta 100 la produttività standard di un sindaco tipo, se il sunnominato Franco Alfieri riuscisse veramente a far votare Sì come richiesto, su quale mostruoso livello di produttività egli si attesterebbe? 4000?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Rimanendo strettamente sulla produttività, mi piacerebbe assai conoscere gli indicatori sui quali si basano questi numeri. Contare dieci pezzi fatti al tornio o dieci lettere battute a macchina in un mondo dove esiste la professione di chi i pezzi li accatasta sul bancale e le lettere le imbusta e le spedisce è una cosa, contare gli stessi "prodotti" in un mondo dove poi ti tocca fare oltre che il tornitore o la segretaria anche il magazziniere e le public relations è un'altra. La statistica se vuoi la indirizzi, ma il contesto a cui la applichi, se sei intellettualmente onesto, deve almeno essere paragonabile. Mi pare che qui, il nostro giuslavorista, confronti pere con patate, sempre vegetali sono, ma crescono immersi in mezzi bene diversi...
Attilia

Luca Massaro ha detto...

Mi sembra un ottimo rilievo, cara Attilia (e benvenuta).

lozittito ha detto...

non solo ha ragione Attilia ma aggiungo che quello che conta (ai fini del valore inglobato nelle merci e quindi al fine di poterne estrarne il maggior valore di scambio) è la produttività sociale media che tiene conto di tutto il sistema paese (dalla obsolescenza dei macchinari ai costi autostradali alla tassazione alla validità delle scuole alle capacità progettuali ecc ecc)

Marino Voglio ha detto...

ma la signor(in)a ichino figlia in mondadori la pagano un tanto ad accento sbagliato snidato ed espunto o le scattano dei bonus progressivi?
una consecuzziotemporum riscattata quante virgole vale? quante doppie?

...o le fanno un forfait-babbomio?

...mi piacerebbe tanto saperlo...

Luca Massaro ha detto...

Senti senti che altarini di produttività filiale.