martedì 31 gennaio 2017

Le reali necessità del mondo produttivo

«È introvabile un lavoratore su cinque», perché quell'uno su cinque che le aziende (piccole e medie imprese) cercano dev'essere un lavoratore qualificato e competente:
«ancora oggi si fa fatica a trovare ingegneri, architetti, specialisti in scienze economiche e gestionali d’impresa; ma anche periti, dirigenti, operai specializzati; e a tutti, oltre a una preparazione scolastica di qualità (che spesso “non emerge” durante le selezioni), viene richiesta, pure, un’esperienza lavorativa precedente (per due candidati su tre è considerata dai datori di lavoro "un requisito fondamentale" per l’inserimento in azienda)» (via)
Se da un lato la speranza principale delle aziende è di vendere merci nuove, dall'altro lato (per quanto riguarda il capitale umano) le aziende mica vogliono comprare merce-lavoro nuova, macché: preferiscono l'usato sicuro, bell'e rodato.

Allora - dato che la colpa muore sempre vergine, come i lavoratori senza esperienza - dalle parti della Confindustria rilanciano «l’urgenza di un dialogo, più stretto e proficuo, tra istruzione e mondo produttivo». 

In sostanza: bisogna che la scuola formi della merce lavoro competente (ah le competenze, che passion!). 
E infatti
«Ciò accade perché, sotto la spinta di Industria 4.0, la manifattura sta cambiando velocemente e c’è necessità di collaboratori in linea con i mutamenti in atto - sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. Il tema è centrale. Se non vogliamo accrescere il numero di inoccupati è imprescindibile che scuola e università ascoltino aziende, categorie e territori, nel disegnare l’offerta didattica: con questi numeri non possiamo più permetterci una formazione slegata dalle reali necessità del mondo produttivo».
Siccome, à la fois, la dichiarazione del vice presidente per il Capitale umano è un concentrato di stronzate da sciacquonare («sotto la spinta di Industria 4.0) e di elementi da analizzare («la manifattura sta cambiando» significa semplicemente questo: c'è e ci sarà sempre meno bisogno per le aziende di acquistare forza lavoro, se non quella capace di far funzionare e manutenere le macchine che hanno sostituito la forza lavoro stessa), mi limito, in estrema sintesi, a suggerire alle scuole e alle università di dedicare alcune ore di ricevimento alle inascoltate aziende patrie per farsi disegnare alla lavagna (meglio: alla Lim) la loro proposta didattica, volta a non accrescere il numero di inoccupati, che è questa: bocciare il 95% degli studenti finché essi non otterranno la pensione. Minima (forse).

3 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

No, no, facciano redigere a confindustria i programmi scolastici e quelli relativi ai corsi di laurea

Anonimo ha detto...

Ma lo fanno, purtroppo. Il mondo della formazione (IFTS, FSE) offre a chi li vuole seguire tanti bei corsi su argomenti richiesti dalle aziende. Il problema è che buona parte degli impresari è poco lungimirante, e quindi chi esce da questi corsi di solito ha maturato competenze che riguardano figure professionali ormai obsolete.

Marino Voglio ha detto...

ano', caquali corsi.
intendono dire che lo studente deve andare a bottega gratis per fare "esperienza" e che l'assicurazione e altri oneri vanno a carico della collettività. come nell'età comunale.