giovedì 5 gennaio 2017

Un lettore che giudica

«Il nostro popolo è la comunità dei lettori, che è anche il nostro unico giudice. Il suo verdetto lo emette ogni mattina, decidendo se leggerci o no.»
Ok, stamani ho fatto un'eccezione, ti ho letto e dunque, in quanto lettore, giacché me lo concedi, ti giudico, ma non te, in quanto direttore (certuni pare che per cert'altri nascano con la faccia da direttore e per essi, ma non per me, tu lo nascesti), bensì, limitatamente, riguardo all'editoriale odierno che mi pare un compitino scialbo scialbo che se l'avesse scritto un maturando e ne fossi stato commissario giudicante, in sede di interrogazione gli avrei chiesto - senza alcuna volontà di spingerlo a gettarsi dalla finestra - se avesse in animo di diventare, da grande, direttore di un giornale.
«Sarebbe sbagliato orchestrare una difesa d’ufficio del giornalismo italiano, senza dubbio non esente da pecche e peccati, ma nel dibattito sui falsi che circolano in rete non siamo noi i colpevoli. La prima responsabilità ricade infatti su chi da anni predica l’inutilità di esperienza e competenza, per cui chiunque può concionare su vaccini, scie chimiche, chemioterapia o cellule staminali con la pretesa di avere in tasca una verità popolare, da nulla suffragata se non da un sentimento di massa.»
Ah, il dibattito sui falsi: è questo il problema che vi assilla e del quale, in quanto categoria, voi giornalisti ci tenete a distinguervi, a differenziarvi, a dire «non siamo noi i colpevoli». 
Un atteggiamento che mi ricorda quello di un bambino (il giornalista) che va dalla maestra (il lettore) a dire che un bambino chiamato Beppe gli ha detto che è uno scemo, brutto e cattivo aspettandosi che la maestra rimproveri Beppe e non che gli dica: embè, ti senti così scemo, brutto e cattivo da crederci? O lo è di più chi te lo dice? Specchio riflesso!
Nessuno - perlomeno non io - vi accusa di diffondere notizie false. Il problema è che vi nascondete dietro le notizie (vere), vi limitate a riferire, a commentare, analizzare (si fa per dire) quello che accade senza capire (o voler capire) perché accade; siete meri diffusori, replicatori di una realtà che sommerge l'umano ben più dello scioglimento dei ghiacci.
A partire dai giochini della politica, per continuare con gli illusionismi dell'economia (e lasciamo stare tutto il resto del pettegolezzo cultural mediatico e il merdume sportivo pro sponsoro tua), tutto fate fuorché esercitare una seria critica dell'esistente, lo date per scontato, approvandolo, perché non potete fare diversamente, giacché è lo stato presente delle cose che vi campa, anche se è uno stato piuttosto pietoso, per non dire apocalittico.
E la mia sentenza è questa: ogni mattina, un euro e rotti me li tengo in tasca.

4 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

non gli sta in tasca che le persone votino per la brexit o per trump o contro renzi senza seguire il dettato della libera stampa e della libera televisione. gli sta sul cazzo che sia nato un movimento politica in italia basato sulla rete che potrebbe scalzare la vecchia politica di palazzo ...
vogliono il monopolio sulle balle e senza possibilità di replica

Marino Voglio ha detto...

sei uno svillaneggiatore di poveri orfani traumatizzati, sallo.

(grazie. volevo scrivere qualcosa del genere ma nun m'ha aretto l'entropanza)

Luca Massaro ha detto...

Già, e sentono che tale monopolio gli sta sfuggendo di mano.

Anonimo ha detto...

la francescana anima bella del direttore ci sta in fondo dicendo che alimentare discorsi "inconcludenti a prescindere" è proprio un giuoco (giuoco? volevo scrivere gioco) da ragazzi, lo sa per esperienza. un terreno comune a carta stampata e web quello del feticismo