Stamani, in palestra, ho conversato per la prima volta con un tipo che fa il buttafuori («addetto alla sicurezza dei locali notturni», ha specificato). Mi ha raccontato qualcosa su come si svolgono i sabati sera, la gente stravolta che si droga o si beve whisky e red bull insieme, gli sguardi minacciosi, i coltelli che a volte escono fuori dai pantaloni firmati. Poi non so come - e non ha importanza come - il discorso è volto sulla crisi, sulla mancanza di lavoro e di scrupoli, sul fatto che i soldi vanno sempre a finire nelle tasche di chi ha soldi, «come i pidocchi vanno a finire nelle teste di chi li ha già» («proverbio di origine gitana», ha aggiunto). A seguire, per criterio di vicinanza, ha citato Prada, il Bertelli di Montevarchi in particolare, il quale viaggia in elicottero e che pur di atterrare vicino alla fabbrica, e non può, è disposto a pagare una multa di diecimila euro a botta (così mi ha riferito e io ho fatto finta di crederci, non mi sono permesso di contraddirlo su queste bazzecole).
La conversazione - che era piuttosto un monologo, dato che il loquace era lui, io mi limitavo ad annuire - sembrava destinata a sfociare nel mare delle conversazioni inutili, quando, improvvisamente, il buttafuori se ne viene fuori con questa considerazione filosofica:
«Certo che basterebbe essere il giardiniere di Prada per essere a posto: tagliare l'erba, prendersi cura delle piante e dei fiori del suo giardino ed essere sistemato a vita, senza problemi, bisogni, rotture di coglioni. Frullino, tagliaerba, forbici, un lavoretto qui, uno là e la bella vita».
La bella vita.
Avrei voluto dirgli che Prada è quotata in borsa a Hong Kong, ma non so quanto avrebbe capito mentre, con occhi che brillavano per quel pensiero, tirava pugni e calci al grosso sacco da boxe.
Mi sono limitato a immaginare, in silenzio, che su quel sacco ci fossero le facce di Miuccia e Patrizio.