mercoledì 27 agosto 2008
La soglia della maturità
Installarsi nella povertà come in un campo di attività nuovo, con l'ardore e la curiosità ingenui del debuttante, richiede molto meno coraggio di quanto molti giovani borghesi non immaginino (...)
Ho pensato più di una volta che potrebbe essere utile descrivere la mia esperienza d'intellettuale disoccupato; che potrebbe essere utile mostrare come si possa uscire dalla città dove si fa "carriera", senza uscire dalla vera vita; e che si può vivere con molto poco senza cessare di vivere pienamente (...)
Ho appreso lentamente ad amare la mia vita, e credo proprio sia una disposizione d'animo ch'essa gradisce. Non che mi ripaghi con una profusione di sorprese: ci sono poche avventure nell'esistenza di un uomo che cerca di possedersi, piuttosto che di sfuggirsi nelle casualità (...)
Non spero più, come a vent'anni, d'incontrare la "realtà" o la "vera vita" in non so quale imboscata del destino, come a dire nel folto di un bosco. Io credo che la realtà è a portata di mano,e non si trova che lì. Si tratta allora soltanto di assicurarsi la presa di questa mano. E' il compito di una certa pazienza, o di una impazienza dominata - e senza dubbio soltanto la povertà poteva utilmente obbligarmici.
Non che io rifugga il rischio. Credo di aver praticato non poco di quello che mi attendeva qui. Ma il rischio autentico e fecondo è quello che non si cerca come una risposta al proprio tedio - e bisognerebbe dire paura - di vivere. Questa maniera romantica e tutto sommato vanitosa di tentare il destino "per vedere", che è la maniera di chi ama la vita intensa, tradisce, credo, compiacimenti assai banali. E il destino risponde a queste sfide, anche quando sono geniali, con enigmi ironici. In fin dei conti, Don Giovanni non comprende nulla delle donne, mentre Napoleone muore ingannandosi sul senso della propria epopea.
Ecco forse il grande rovesciamento che segna la soglia della maturità: è il momento in cui si scopre che il mondo non riserva altre risposte se non quelle che si ha il coraggio di fornirgli. Che non bisogna attendersi nulla se non ciò che gli si può arrecare. Che infine le sole domande reali sono quelle che l'esistenza ci pone, e in nessun modo quelle che noi ponevamo per evitare di rispondere al presente.
Denis de Rougemont, Diario di un intellettuale disoccupato, Fazi, Roma 1997 pag. 113-114
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