Michele Serra, ha scritto su L'amaca di ieri:
C' è più politica nel blog meno frequentato, nel circolo di strada più scalcinato, che in quelle stanzette del potere dove si aspetta l' occasione buona.
Sergio Luzzato, ha scritto su la Domenica de Il Sole 24 Ore di ieri (non trovo il link).
Peccato che i politici non abbiano tempo per leggere. Che non l'abbiano (meno che mai) i politicanti. Che non abbiano tempo per leggere neppure i professionisti dell'opinionismo, l'unico “ismo” sopravvissuto alla cosiddetta morte delle ideologie. Perché se avessero tempo, andrebbe loro consigliato [...] il saggio Senza vergogna di Marco Belpoliti.
Io, oggi, a margine di quanto scritto ieri pensando a Giulio e a Luigi, scrivo.
Questa riflessione sulla scrittura pubblica-privata è una riflessione indotta dai momenti in cui mi pare di dover assolvere un dovere di presenza e di pensiero, un dover esser chiaramente, che le calme domeniche d'agosto favoriscono. Insomma, anch'io sono «condizionabilissimo» – e dunque: che senso ha postare, scrivere articoli, libri, sforzarsi di produrre pensiero critico se poi – politicamente – non si ottiene altro che marginali moti di indignazione che più che i moti carbonari fan venire in mente il se famo du spaghi (alla carbonara).
Cantava Gaber: «C'è solo la strada...»
Ma adesso se vai in piazza, anche se hai ragione per dire “c'ho la casa crollata, fate qualcosa” prendi bastonate; se vai alle elezioni e voti (o non voti) non cambia nulla, anzi; se scioperi fai contento Tremonti e Marchionne. Cosa fare, che fare? Vladimir Ilich non mi ha mai entusiasmato con la sua rivoluzione, figuriamoci se ora comincio a crederci e a invocarla. È chiaro che se noi eletti (ah, ah) ci facciamo animare soltanto da uno spirito gattopardesco, allora non facciamo altro che crogiuolarsi in questo stato di cose.
Ma in fondo, noi pensatori, noi uomini di buona volontà, noi giusti, vogliamo davvero una società, una politica migliore? Oppure, sotto sotto temiamo che questo migliore si realizzi, dato che noi eletti (e dài!) non siamo preparati all'Eden?
Proviamo a vedere. Berlusconi muore (politicamente, oppure per bene). Viene eletto un nuovo Parlamento che comincia a fare buone leggi: giuste, civili e laiche. Viene insediato un nuovo Governo che esercita al meglio il suo potere esecutivo. Il Presidente della Repubblica esterna tranquillamente nelle occasioni date. La Giustizia fa il suo lavoro con equanimità. Le forze dell'ordine tutelano l'ordine e il rispetto delle leggi. I cittadini pagano le tasse e partecipano armoniosamente alla vita pubblica pur avendo la garanzia del rispetto della sacralità della loro sfera privata. Tutta la macchina statale comincia a funzionare senza inceppamenti e indebitamenti. Il settore primario è produttivo ed ecocompatibile. Il secondario offre lavoro e stabilità. Il terziario (avanzato e non) svolge le sue funzioni. Il quarto e il quinto potere non hanno più nulla da controllare o da incensare spudoratamente o sputtanare vigliaccamente: possono solo “intrattenere” (compito che sanno svolgere egregiamente, soprattutto il quinto). La criminalità e il malaffare divengono talmente out che perdono spazio in ognidove, perfino il loro brodo di coltura si prosciuga. È un trionfo di cultura, di arte, di ricerca, di scienza. Il giornalismo d'inchiesta non ha più ragione d'essere e tutti possono trasformarsi in sereni Minzolini che infagottano notizie senza il bisogno di regalarle alla voce del padrone.
Ecco, un mondo (quasi) perfetto. Ai poveri blogger non resta che masturbarsi in solitaria scrivendo poesie su fiori e tessuti, odi su profumi e carezze, carmi su cani che scodinzolano davanti al focolare. In breve, un inferno: l'inferno del blogger.
Ecco perché in Islanda concedono tutta la libertà possibile ai blogger del mondo imperfetto: perché loro, gli islandesi, di tutta quella libertà, di tutto il loro ordine non sanno più che farsene: di cosa mai potranno parlare male. Il bene è così banale! Bramano importare il disordine per conoscerlo, forse. Ecco perché il fondatore di Wikileaks non può essere altro che australiano: in Australia, infatti, esistono crisi politiche o sociali? Non credo, e per questo ha avuto il tempo di penetrare negli archivi del Pentagono. Ecco perché in Svezia o in Finlandia non potranno mai partorire post come questi, perché non hanno mai conosciuto o vissuto in Italia, il paradiso dei blogger.
Ecco perché allora, in fondo, questa serva Italia di dolore ostello è bene che resti una nave sanza nocchier in gran tempesta che non diventi mai donna di province ma resti bordello totale, assoluto, dove ancora sono vivi Andreotti e Cossiga e non dicono e stanno zitti, dove Licio Gelli pure, dove la sconfinata merda dei boiardi delle suburre italiche, dove le commisture vaticana, confindustriale, ciellina, massonica, corporativa, tardo fascista, eccetera, ancora imperano e comandano e dettano legge e siedono sugli scranni più alti del potere. Ecco perché allora, e paradossalmente, mi rendo conto che per il blogger questa trama di infamie e tradimenti civili, di ingiustizie e cicchittismo vario serve a mantenerlo desto e presente, anche per raccontare di fiori e tessuti, di cani appisolati e tramonti, di anatomie pittoriche o letterarie ma come fossero racconti-specchio ove si possa riflettere la nostra miseria.
4 commenti:
Caro amico mio, spero di non esagerare con tale definizione, ma così ti sento. Il buon Serra, di cui io son sempre stato un ammiratore, per la sua lucidità e capacità di sintesi, in altri momenti vedeva i blogger in tutt'altro modo:
http://www.feltrinellieditore.it/FattiLibriInterna?id_fatto=8513
Questo deve farci riflettere, su quanto noi scribacchini per amore della parola si debba stare attenti! nessuno mai prenderà le no nostre difese, se non per una qualche ragione che coincide praticamente sempre con il corporativismo, roba di cui i bloggers fanno a meno. Per questo è importante scrivere indipendentemente da quanto il pensiero altrui possa giudicare, farlo senza pretesa di piacere, è quasi garanzia di obbiettività.
Amico Gians, ho letto il Serra che mi segnali, ma mi pare sia solo una cosa burlesca contro un certo modo di fare blog.
Quoto l'ultima tua frase.
Certo burlesca, Serra è un maestro della satira a cui spesso mi sono ispirato e continuo a farlo. Ma.. ci sta un passo in cui dice che: scrittori sprovveduti, privi di editori, scrivono a ruota libera. Ecco questo è uno dei pensieri di Serra, conoscendolo le cose le dice per satira; questa mi è da sempre parsa la meno riuscita.
Caro Luca, siamo sulla sinusoide ciclotimica del blogger, quella che va dall'euforia alla depressione: tu molto in alto, io molto in basso. Non nego ciò che sostieni e capisco Mozzi, ma la blogosfera non è molto diversa da tutto il resto. E Gians ha ragione: "è importante scrivere indipendentemente da quanto il pensiero altrui possa giudicare, farlo senza pretesa di piacere", ma è praticamente impossibile, almeno per me, che peraltro, quando non posso piacere, cerco di dispiacere. Non posso consumarmi di polemica.
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