Nell'edizione odierna de Il Foglio, prendendo le mosse da un libello critico sul poeta Andrea Zanzotto («Ecco chi è il miglior poeta da leggere quando in estate ci si sente soli») Alfonso Berardinelli scrive ad inizio articolo:
«Durante l'estate c'è un momento, un mese, una settimana in cui diventa improvvisamente più acuto il senso di distacco dalla società e dalla politica e da tutte le parole, idee, emozioni e preoccupazioni da cui siamo presi durante l'anno. È un momento di solitudine, felice o infelice (o le due cose insieme) in cui il tempo si rovescia come una vecchia clessidra per ricominciare da un inizio diverso. Allora, per un po', più acutamente, ci si meraviglia di tutto, di essere italiani, di vivere nel Duemila, di avere una certa storia, certi compiti e doveri, certi legami: di essere quello che si è e di non averlo ancora capito bene. In questo momento, settimana o mese, tutto quello che facciamo ha un senso percettibilmente diverso: l'incontro con un vecchio amico, il fatto di stare in un posto di vacanza o invece di essere rimasti soli nella casa di sempre, il fatto di avere fra le mani certi libri e certi autori che per uno strano caso abbiamo davanti proprio in quel momento».
Sentimento condivisibile, dettato da una struggente prosa, vero?
Per quello che vale e per quello che di lui conosco, posso dire di apprezzare molto il lavoro intellettuale di Alfonso Berardinelli. Mi piacciono il suo tono, le sue letture, la sua critica militante. Mi piace anche la sua voce radiofonica quando ho avuto l'occasione, anni fa, di ascoltarla su Radio Tre. Non ho mai ben capito il perché sia diventato un fogliante ma capisco cosa esso, alla fin fine, comporti. Scrivere per un giornale che appoggia (e si appoggia su) Berlusconi per me, piaccia o non piaccia, ha la stessa valenza che, un tempo, aveva scrivere per una rivista o giornale che appoggiava il regime fascista. Ma soprattutto, la domanda che mi preme, più che fargli, fare a me stesso, è questa: un intellettuale come Carlo Levi – per citarne ad esempio uno molto apprezzato dallo stesso Berardinelli –, se fosse qui con noi, ora, scriverebbe per Il Foglio? E se anche, per assurdo, vi scrivesse, troverebbe lecito scrivere di momenti «in cui diventa improvvisamente più acuto il senso di distacco dalla società e dalla politica e da tutte le parole, idee, emozioni e preoccupazioni da cui siamo presi durante l'anno» o farebbe invece, prendendo spunto anche da una poesia, una critica feroce al Grande Sopruso che ci governa?
Non so perché ma io ho la presunzione di sapere la risposta di Carlo Levi: meglio il confino, meglio l'esilio che restare zitti di fronte a questa presa totale del potere.
Già, egregio Berardinelli (glielo chiedo nel remoto caso Ella mi leggesse), che cosa aspetta un intellettuale importante e affermato come Lei a operare una critica militante vera e propria in merito alla vicenda squisitamente politica e letteraria della nuova scandalosa legge pro domo berlusconiana salva-mondadori? Ogni silenzio, se non è rassegnazione (ma allora si sta zitti, in un angolo a godersi le vacanze e le letture ad alta voce di Zanzotto!) è complicità. Come può un “eroe che pensa” (per citare uno dei suoi migliori libri) fare finta che tutto questo sia lavoro per quelli à la Travagliò e non strutturale lavoro di resistenza alla barbarie? La cancrena berlusconiana è arrivata ad aggredire a tal punto l'Italia che non si sa letteralmente più che cosa tagliare e cosa medicare per salvare la vita al Paese.
In verità, ad aprirmi gli occhi sulle ragioni politiche e culturali dello scandalo salva-mondadori è stato questo post di Eschaton: m'ero lasciato sfuggire questo nesso; ma adesso che lo vedo mi sembra una cosa talmente grave che dovrebbero rifletterci sopra tutti gli “operatori culturali” del Paese, Lei compreso egregio Berardinelli, e altresì Roberto Saviano, lo scrittore che, attualmente, ha maggiore “rilievo mediatico” in Italia (nonostante i giusti rilievi che Federica ogni tanto muove al "fenomeno"). Occorre cioè mobilitare le coscienze pensanti per capire se è ancora sostenibile essere un “autore Mondadori” sapendo che tale editore ha, praticamente, evaso dal fisco 173 milioni di Euro con un semplice trucchetto ad aziendam approvato dal governo presieduto da colui che è proprietario della Mondadori stessa, senza essere complici del "crocifisso" d'interessi.
Dal post citato di Eschaton traggo una risposta (del tenutario di tal blog ad uno dei commentatori) che inchioda gli “eroi pensanti” alla questione:
«Io direi innanzitutto una cosa, del patrimonio Einaudi e degli scritti di Wu Ming: che in questi vent’anni hanno dimostrato la loro totale insignificanza, la loro incapacità d’incidere sulla storia e sulla politica, e prima ancora di porre le giuste domande, la loro totale marginalità, e l’ostinata involuzione in questa marginalità. Oggi persino le teorie economiche di Ezra Pound (le teorie economiche di Ezra Pound!) hanno più influenza degli editoriali di Valerio Evangelisti, muovono la gente in giro per l’Italia. Persino Antonio Socci incide più di Valerio Evangelisti. Questo per dire che qualsiasi cosa volesse fare questa gente, hanno perso; e per giunta in modo umiliante, visti i mezzi che si sono concessi. Certo nessuno può cancellare “ciò che Einaudi ha significato”, ma la sua sopravvivenza (in un mercato ad altra concentrazione capitalistica) é direttamente legata a Mondadori, o a chiunque altro voglia pigliarsela. La sua sopravvivenza, e la sopravvivenza dei suoi autori, è sostanzialmente legata al gruppo industriale che la possiede. In un certo senso, se Einaudi esiste ancora, se pubblica, se distribuisce, è anche perché Mondadori ha evaso quei 180 miliardi.»
12 commenti:
non so chi sia costui, però mi pare di capire che gli piace il suono della parola "acuto" visto che ce la infila due volte in tre capoversi.
Qualche osservazione a latere. Premetto che lavoro per Einaudi come consulente, e pubblico per Mondadori.
La norma di cui si parla "consente di sanare, con un oblazione del 5% del valore della controversia, i contenziosi fiscali ultradecennali pendenti in Corte di Cassazione che hanno visto l'amministrazione finanziaria perdere i primi due gradi di giudizio" (fonte: Radiocor). Si tratta di una di quelle tipiche norme che servono allo Stato per raccattare quattrini prima che i contenziosi vadano in prescrizione.
Ricordo che l'amministrazione finanziaria ha l'abitudine, nei contenziosi con i privati, di fare ricorso sempre.
Valentino Rossi, a fronte di una cartella esattoriale di 112 milioni di euro, ne ha pagati 20 secondo alcuni giornali, 35 secondo altri. Alberto Tomba aveva evaso 23 miliardi di lire, ne pagò 7,5. Luciano Pavarotti aveva evaso 40 miliardi di lire, ne pagò 25. E questi sono evasori accertati. Mondadori, invece, nel caso specifico, era già stata assolta nei primi due gradi di giudizio.
Si potrebbe dunque sostenere che la norma battezzata "salva-Mondadori" da "La Repubblica" sia servita in realtà allo Stato per far su qualche soldo da una causa comunque persa.
Basta una ricerca sommaria in rete per notare che, tra i quotidiani italiani, solo "La Repubblica" ha valorizzato la notizia (es. qui). Ricordo che "La Repubblica" fa capo a Carlo De Benedetti; che nel 1990 Berlusconi sfilò la Mondadori proprio a De Benedetti, arrivando anche a far corrompere un magistrato dal fido Cesare Previti; e che per quella faccenduola un magistrato ha stabilito - ora c'è la sospensiva ecc. - che Berlusconi deve a De Benedetti 700 milioni e rotti di euro.
Qualche osservazione a latere. Premetto che lavoro per Einaudi come consulente, e pubblico per Mondadori.
La norma di cui si parla "consente di sanare, con un oblazione del 5% del valore della controversia, i contenziosi fiscali ultradecennali pendenti in Corte di Cassazione che hanno visto l'amministrazione finanziaria perdere i primi due gradi di giudizio" (fonte: Radiocor). Si tratta di una di quelle tipiche norme che servono allo Stato per raccattare quattrini prima che i contenziosi vadano in prescrizione.
Ricordo che l'amministrazione finanziaria ha l'abitudine, nei contenziosi con i privati, di fare ricorso sempre.
Valentino Rossi, a fronte di una cartella esattoriale di 112 milioni di euro, ne ha pagati 20 secondo alcuni giornali, 35 secondo altri. Alberto Tomba aveva evaso 23 miliardi di lire, ne pagò 7,5. Luciano Pavarotti aveva evaso 40 miliardi di lire, ne pagò 25. E questi sono evasori accertati. Mondadori, invece, nel caso specifico, era già stata assolta nei primi due gradi di giudizio.
Si potrebbe dunque sostenere che la norma battezzata "salva-Mondadori" da "La Repubblica" sia servita in realtà allo Stato per far su qualche soldo da una causa comunque persa.
Buongiorno Mozzi, precisazione doverosa e onesta. Mi pare comunque confermare la mia affermazione secondo cui “gli interessi di Mondadori coincidono con quelli dei suoi autori”. E che ogni evasione fiscale o conflitto d’interessi o monopolio aggressivo mondadoriano partecipa a diffondere le idee “radicali” (ma ormai del tutto inoffensive) di qualsiasi Evangelisti, Wu Ming, Adorno e Horkheimer, eccetera. Con ciò non voglio dimostrare che Berlusconi è un “editore liberale”, proposito ozioso che non ha bisogno di essere dimostrato, vero e proprio specchietto per le allodole, ma che gli interessi della grande industria coincidono sostanzialmente con gli interessi di chi la critica.
Il problema non è lavorare per Mondadori o Einaudi, per esempio credo che sia bellissimo che tu possa farci un buon lavoro. Il peggio che potrebbe succederci è che Mondadori diventi come la RAI. Anche Saviano, citato nel post, non ha molto da rimproverarsi, poiché è consapevole delle contraddizioni che deve affrontare. A me non vanno giù certe specifiche giustificazioni di Evangelisti e Wu Ming.
Giulio, tutto ciò che dici è vero; cioè, parlare di norma "salva-mondadori" è una forzatura (considerato che anche altri contribuenti ne hanno profittato ben prima). Vero anche è che solo Repubblica ha dato risalto alla notizia nel silenzio generale degli altri organi d'informazione (e che questo sia "parte del gioco" politico di Repubblica sappiamo anche da come, a volte, tale giornale "confeziona" notizie critiche al governo - Federica Sgaggio insegna).
Tutto questo, lo so, dovevo premetterlo prima di rivolgermi a Berardinelli e lo concedo. Ma ho taciuto perché l'enormità della cifra "sanata" rispetto agli altri evasori è tale che avrebbe dovuto provocare una naturale una indignazione popolare che, infatti, per i personaggi famosi da te citati ci fu. Essi furono sufficientemente denigrati tanto che dovettero fare ammenda pubblica di "persona" (Valentino da Londra è tornato ad abitare in Italia per es.). Ma perché questo avvenne? Perché "tutti" (o quasi) i media, con toni diversi, parlarono della cosa dandogli tale risalto che essa entrò nella "pelle" della gente (per es. discorso da bar: "Valentino è un campione sì ma è un evasore") come marchio indelebile. Questo, guarda caso, per la Mondadori non è accaduto e non accadrà "perché ne parla solo Repubblica o l'Unità cosa vuoi essi possono accusare Berlusconi anche d'incesto oramai son disperati" (discorso popolare medio-borghese padano); e non accadrà, dicevo, nonostante l'evasore, il Grande Evasore in questione, oltre che proprietario della Mondadori, sia colui che per primo avrebbe, in quanto Primo Ministro dello Stato che governa, beneficio affinché tutti i contribuenti paghino le tasse e dovrebbe "vigilare" che questo avvenga.
Ecco: questo ennesimo scandalo mastodontico passa inosservato e scivola via dal corpo sociale come un docciaschiuma.
Luca: se tutti pagassero le tasse, l'attuale capo del governo non ne trarrebbe alcun beneficio personale. Non vedo quindi perché la cosa dovrebbe interessargli.
Quando scrivi che "l'enormità della cifra 'sanata' rispetto agli altri evasori è tale che avrebbe dovuto provocare una naturale una indignazione popolare", dài per scontato che l'evasione ci sia. Ma - ripeto - nei primi due gradi di giudizio lo Stato ha perso, e Mondadori ha vinto. Ossia: due diverse corti hanno stabilito che non c'è stata evasione.
Quindi? Per che cosa mi devo indignare?
Eschaton, ho una curiosità. Sei disposto a scrivere qui per chi lavori, o che professione svolgi?
Sì, Giulio, mi sono espresso male: "beneficio" non lo avrebbe lui, ma l'amministrazione dello Stato che governa.
Be' ammetto che i due gradi di giudizio abbian stabilito ciò che dici.
Ma mi spieghi perché, per es., uno come Vasco Rossi è costretto a giustificarsi di non aver evaso (ma la macchia per il "popolo" rimane: yacht, vasco, elusione rimarranno tatuati per un bel po' nella mente, anche se poi non verrà riscontrato alcun reato) mentre un'azienda come Mondadori no?
Per le stesse ragioni, presumo, per cui in "Novella 2000" si trovano più facilmente foto di Vasco che della Mondadori.
Giulio, io lavoro per Gallimard e lavorerei per Mondadori se potessi farci qualcosa d'interessante. Non ne faccio una questione di coerenza e non problemi particolari con il suo proprietario. Certo, credo che Evangelisti e i Wu Ming non avrebbero problemi a trovare un altro editore se accettassero di rinunciare al marketing, all'editing, alla distribuzione, ai grafici, alle tirature, all'ufficio stampa, agli anticipi, alla tesoreria di Mondadori. Ma facciano ciò che vogliono. Il mio problema è linguistico e culturale. Credo la situazione in cui sono causi una tragicomica "svalutazione semantica" dei loro testi, come se un senso più rumoroso sovrastasse il loro bisbiglio, come se ti bastonassero con un cartello con sopra scritto "CAREZZA".
Grazie, Eschaton. Avevo solo l'esigenza di rendere un po' meno asimmetrica la conversazione. Ora chi ci legge sa che certe questioni per te non sono astratte, ma concrete.
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