domenica 17 giugno 2012

La leadership di mia sorella


Anni fa, non mi ricordo se su Lanciostory o Skorpio, lessi un fumetto che ogni tanto si riaffaccia alla memoria.
La storia era ambientata in un futuro non troppo lontano in cui l'umanità era divisa in due opposte fazioni che si combattevano per la supremazia del pianeta. L'equilibrio delle due potenze era tale che la guerra non produceva alcun esito. Ma un giorno, una delle parti venne in possesso, grazie ai suoi scienziati, di un marchingegno che avrebbe potuto dare una svolta al conflitto. Non si trattava di un'arma vera e propria ma di una macchina del tempo, in grado però di poter riandare soltanto nel passato (almeno ricordo così).
La leadership di tale fazione si riunì, si consultò e deliberò che, con tale macchina, alcuni agenti sarebbero dovuti andare a ritroso nel tempo per “rapire” uno dei più grandi condottieri della storia e portarlo al loro cospetto per farsi da lui aiutare nella guerra totale che stavano combattendo.
La scelta era caduta su Napoleone*. Ma alcuni agenti troppo solerti, studiando la figura del celeberrimo imperatore, dettero troppo credito all'ipotesi di un Napoleone morto avvelenato. Informarono subito i generali, i quali, a loro volta, informarono il leader supremo, che congetturò: «Se il più grande generale della storia è stato ucciso, allora chi lo ha ucciso è ancora più grande di lui». Così reparti speciali salirono a bordo della macchina del tempo, direzione Sant'Elena, nell'anno domini 1821, il mese di maggio, il giorno cinque, alle ore 18 del pomeriggio. Prelevarono una persona e, subito, senza dare nell'occhio, ritornarono alla base e all'epoca donde erano venuti.
All'arrivo, ad attenderli, oltre a tutto lo stato maggiore della difesa, c'erano persino i ministri e il presidente maximo. Scesero dall'apparecchio tra gli applausi, scortando la persona che li avrebbe finalmente aiutati a vincere la guerra. Il presidente si avvicinò e chiese loro chi era quel signore tutto impaurito, vestito in uno strano modo.
- Signor Presidente, questi è colui che è riuscito a uccidere il più grande condottiero della storia umana.
- Ah, sì? Benissimo. E chi sarebbe?
- Il maggiordomo di Napoleone**.

M'è venuta in mente questa novella dopo aver letto l'editoriale odierno di Ernesto Galli Della Loggia, il quale si lamenta che
Dalla fine del Novecento l'Europa dei partiti non sembra più capace di produrre autentici capi politici, leader degni del nome […] È ormai solo un ricordo, infatti, l'epoca dei Mitterrand, dei Kohl, dei Gonzalez: uomini dotati di chiarezza di visione e di fiducia in se stessi, di capacità di comando e di convinzione. E così, proprio quando l'equilibrio europeo e l'intera costruzione dell'Unione si trovano ad affrontare la loro maggiore crisi, essi si trovano a doverlo fare senza guida
Sarà, ma io non credo affatto che la crisi politica europea sia dovuta alla mancanza di leadership. La leadership è roba che va bene per le dittature e per la criminalità organizzata. Infatti, chi più di un capomafia è leader? La leadership è qualcosa d'indispensabile per quelle società dove c'è una gerarchia da rispettare, dove il degree regola i rapporti umani e senza quello tutto va a catafascio. Sono le società non democratiche che hanno bisogno di un leader, e l'Ulisse shakespeariano del Troilo e Cressida lo dichiara esemplarmente (Atto Primo, Scena Terza).
Il problema è che noi europei viviamo oramai da troppo tempo dentro società che, almeno formalmente, sono democratiche, in cui ognuno di noi da un punto di vista costituzionale è uguale all'altro, ha pari dignità e diritti, e nessuno di noi ha quindi il diritto di sentirsi superiore o migliore di un altro***. È che nessuno di noi crede abbastanza in questo e lo rivendica troppo poco. La sapienza del cittadino, di una Nannarella rompicoglioni davanti al Parlamento, ce l'abbiamo tutti, perché tutti noi siamo in grado di fare come i politici che ci governano, tutti noi – salvo i casi di conclamata incapacità mentale o devianza di vario genere e tipo – siamo in grado di governare e governarci. Se non si acquista e rivendica questo sapere, se non lo si vive, necessariamente si ergono tribuni da tutte le parti a dirti come si dovrebbe fare per vivere meglio, per sanare i guasti della politica e dell'economia. 
Scrive, più avanti, Galli Della Loggia:
I guai dell'Italia, sebbene in forma accentuata, sono i medesimi delle democrazie europee. Le quali come tutte le società di questo tipo, proprio a causa dell'articolata ampiezza e autonomia dei centri di decisione che è loro caratteristica, necessitano vitalmente un luogo ultimo di coordinamento, di impulso e di comando. Cioè di leader, di un leader: a dispetto delle chiacchiere deprecatorie sulla «personalizzazione» che, soprattutto in Italia, abbiamo tanto sentito ripetere negli ultimi tempi. Tempi nei quali la suddetta personalizzazione - che c'è sempre stata - è apparsa quanto mai deprecabile: ma solo perché riguardava leader che in realtà erano delle mezze cartucce. Mentre quando essa riguarda leader veri, allora, invece, nessuno quasi la nota e tanto meno la depreca: se è vero come è vero che a nessuno verrebbe e - che io sappia - è venuto mai in mente, per esempio, di deprecare il ruolo (a suo modo anch'esso personale e leaderistico) di un Roosevelt o di un De Gasperi (e neppure di un Berlinguer, sia detto tra parentesi). 
Mi sembra strano che un avvertito politologo come il professor Galli Della Loggia non si accorga che è il particolare periodo storico in cui viviamo a impedire alla democrazia (europea) di esprimere una leadership autorevole che la faccia superare da quell'impasse in cui è caduta; in quanto, se la società europea, ma non solo europea, non riesce a esprimerlo è proprio perché esiste un'«articolata ampiezza e autonomia dei centri di decisione» i quali democratici lo sono poco e influiscono massimamente affinché la democrazia rimanga soltanto un contenitore privo di significato****.
E, infine, vorrei far notare a Galli Della Loggia che nessuna società democratica è in grado di selezionare una classe dirigente che, a priori, possa garantire capacità di leadership. Soltanto ex post, cioè dopo che un leader ha esercitato il suo mandato, si può giudicarne, o meno, la sua autorevolezza e la influenza storico-politica. Non esistendo in democrazia diritti divini, ed essendo tutti – perlomeno a parole – sullo stesso piano (a parte mezze cartucce unte dal Signore). E anche i leader citati da Galli Della Loggia, nell'esercizio del loro potere, erano criticati e deprecati. O no? Per dire: rispetto al quasi ventennio berlusconiano, io ho persino rimpianto Craxi e Andreotti - ed è tutto dire.

*Non stiamo qui a sindacare se Napoleone sia stato il più grande oppure no. Questa fu la scelta degli autori del fumetto.
** Nel fumetto, in alcune scene mute, si vede tale maggiordomo servire i pasti avvelenati che avrebbero indotto il cancro allo stomaco di Napoleone stesso.
***Diverso sì, e ci mancherebbe, magari con maggiori o minori capacità in certi settori e non altri, magari anche un po' più intelligente e meno stronzo di un altro, non è importante questo.
****Ce lo vedete voi in Europa un leader andare contro i veri centri decisionali di potere e restare leader?

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