venerdì 1 giugno 2012

Scrivere sogni

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Saranno anche impossibili i sogni, ma io ci credo, non mi resta che crederci, dato che essi forniscono materia al mio canto – e io di cantare ho un bisogno assoluto, come un orecchio ha bisogno di ascoltare, come un vecchio ha bisogno di un nutrimento particolare: carezze all'anima de li mortacci vostri, carezze nel tempo prossimo della dipartita verso il mondo ch'è mondo di tutto, persino della morte.
A volte però mi prende lo sconforto che questi sogni stiano in piedi solo sui miei piedi. Forse sarei più credibile se, invece di offrire le mie illusioni, offrissi quelle di consolidate fedi, religioni con un pacchetto di credenze millenarie prêt-à-porter che si perpetuano di generazione in generazione: dentro il recinto della fede, con altre pecore obbedire ad un pastore che ci manda i cani a controllare che non perdiamo la diritta via, giacché potrebbe esserci il lupo che ci aspetta o, peggio, pecore travestite da lupo.
Preferisco non essere credibile.
Certo, i nostri sogni vanno spesso tosati, sfrondati, ripuliti, e poi verificati con una cartina di tornasole per vedere se diventano rossi o azzurri, cuore o mente, o una miscela delle due cose. Ma una volta esaminati, occorre farli camminare, per costruire ponti, per intrecciare fili, per innaffiare giardini complicati, per incrociare sguardi, per acquietare gli urli, per dirimere questioni, per sorridere agli specchi con la lingua di fuori così il vetro si appanna e ci si può scrivere...

- Adesso si svegli, signore. Mi racconti il suo sogno. 

2 commenti:

Irene Qohèlet Angelino ha detto...

(...) E cosa scrivi sullo specchio appannato? :-)

Luca Massaro ha detto...

quanto scritto sopra.