venerdì 28 dicembre 2012

Nella scrittura c'è la nicotina?

LJP
Tramite Giulio Mozzi ho letto, di Giorgio Fontana, un intervento sul tema dello Smettere di scrivere.
È un po' lungo, ma meritevole di essere letto, dato che ci sono buone riflessioni intorno alla necessità (o meno) dello scrivere. Un buon esempio:
se l’impulso a rompere il silenzio della pagina bianca comincia da un qualche bisogno dell’ego, credo che la scrittura nella sua forma più compiuta sia una sistematica distruzione delle ragioni dell’ego. Non si scrive allo scopo di affermare sé stessi in qualunque modo  per mostrare il proprio libro agli amici, per avere una recensione, per ottenere la patente di “scrittore”  ma allo scopo contrario di uscire da sé stessi. Di staccare un oggetto da sé.
Purtroppo, però, forse perché l'intervento è stato scritto per essere letto in pubblico, il testo contiene passi meno buoni. Esempio:
Di fronte allo strapotere della parola, queste sono isole salde che corteggiano il silenzio  e che guardandolo fisso negli occhi ne rimangono stregate.
Le “isole salde”, sono gli scrittori (Rimbaud, Salinger, Henri Roth, Jimenez) famosi anche per aver smesso di scrivere. Cosa non mi piace della frase? Primo: un'isola “salda” che cazz'è? Secondo: avete mai visto un'isola corteggiare qualcosa, oltre le navi coi comandanti citrulli che fan loro l'inchino? Terzo: avete mai visto isole con occhi che guardano fisso altri occhi?

Sono uggioso, lo so. Ma anche perfido: io, per esempio, spero di avere coscienza, la stessa di ora, di smettere di scrivere nel momento in cui cominciassi a usare similitudini o modi di dire di uso quotidian-giornalistico senza rendermi conto di farlo, ovvero se le usassi senza mostrarne bruttezza e fallacia.

Per farla breve: se fossi l'«editore meraviglioso» di Giorgio Fontana, e leggessi frasi tipo «come un attaccante quarantenne che appende le scarpe al chiodo», oppure, «ma vorrei davvero spezzare una lancia in favore delle ragioni...», oppure ancora, poco più avanti, «contro il cinismo imperante che governa il mondo della parola pubblicata», gliela darei io, a Giorgio Fontana, l'occasione di smettere di scrivere.

5 commenti:

Massimo ha detto...

Questi sono quelli che qualunque cosa fai non va bene. Non va bene se scrivi, non va bene se non scrivi, non va bene il genere, non va bene il non genere ...
Ma perché, semplicemente, non smettono di scrivere loro?
La verità è che si scrive per affermare se stessi per poi uscirne.
E non credo nemmeno che la parola abbia tutto questo potere.
E' il potere che ha potere.
Il potere di dire a uno, forse è meglio se smetti di scrivere, oppure, sei bravissimo, continua così.
Ma chi sente il bisogno di scrivere, questo fare capolino in mezzo alla nebbia, non può che fregarsene del "cinismo imperante che governa il mondo della parola pubblicata".
Ciao

Luca Massaro ha detto...

Mi sbaglierò, ma la lode che Fontana tributa a chi ha il coraggio di smettere mi suona tremendamente falsa; sospetto, cioè, che dietro tale complimento si celi l'augurio di togliersi un contendente, soprattutto tra coloro i quali hanno aspirazioni editoriali.
Come sai, nel mercato editoriale italiano vanno molto di moda gli scrittori esordienti alla x factor, e, se non sbaglio, Giorgio Fontana ha già esordito come opera prima (non so dirti né editore né titolo), ma si vede non ha avuto il culo di alcuni suoi colleghi in fatto di vendite.
Infine, ti sono grato di aver scritto in questo muro:
«È il potere che ha potere», ottimo promemoria.
Ciao

bag ha detto...

io ho smesso di scrivere

Luca Massaro ha detto...

E mi dispiace, Alex.
Fosse per me, volentieri t'indurrei a farlo, tanto oramai ogni paradiso è andato perduto.

bag ha detto...

Appunto. Poi è opportuno che i morti non parlino. Se un morto parla si chiamano i Ghostbusters. A meno che non venga pronunciato tre volte quel nome di "succo di scarafaggio"