lunedì 2 giugno 2014

Capitalismo e libertà (2)

Scrive Milton Friedman in “Rapporto tra libertà politica e libertà economica”, tratto dal libro da cui ho ripreso il titolo di questo e del precedente post.
«Lo scambio può quindi realizzare la coordinazione senza coercizione. Un modello operativo di società organizzate per mezzo dello scambio volontario è una libera economia di scambio imperniata sull'intrapresa privata, quella cioè che abbiamo definita come capitalismo concorrenziale.«Nella sua forma più semplice, siffatta società è composta di un certo numero di nuclei familiari indipendenti, di una serie di Robinson Crusoè, per così dire. Ciascun nucleo familiare impiega le risorse a sua disposizione per produrre beni e servizi prodotti da altri nuclei familiari, a condizioni mutuamente accettabili per le due parti che intervengono nello scambio: è, quindi, in grado di soddisfare i propri bisogni per via indiretta, producendo beni e servizi per gli altri, piuttosto che per via diretta, producendo beni per suo proprio utilizzo immediato. L'incentivo a praticare questo metodo indiretto è, naturalmente, dato dall'aumento di produzione reso possibile dalla divisione del lavoro e dalla specializzazione delle funzioni. Dal momento che il nucleo familiare ha sempre, come secondo aspetto dell'alternativa, la possibilità di produrre direttamente per sé, esso non si trova nella necessità di praticare lo scambio, a meno che non ne ricavi un beneficio. Quindi, nessuno scambio avrà luogo se entrambe le parti che lo praticano non ne beneficiano. La cooperazione è, quindi, ottenuta senza coercizione.«La specializzazione delle funzioni e la divisione del lavoro non andrebbero molto avanti se l'unità produttiva fondamentale restasse il nucleo familiare. Nella società moderna noi siamo andati molto più avanti. Abbiamo introdotto imprese che fungono da intermediarie fra i singoli nelle loro funzioni di fornitura dei servizi e di acquisto dei beni. Parimenti, la specializzazione delle funzioni e la divisione del lavoro non potrebbero andare molto avanti se noi dovessimo continuare a fondarci sul baratto dei prodotti. Perciò, la moneta è stata introdotta come mezzo per facilitare gli scambi e per consentire la separazione, in due atti distinti, dell'acquisto e della vendita.» M. Friedman, Capitalismo e libertà, pag. 25-26

Obiezione: la dinamica produttiva ed economica capitalista non si esaurisce nello scambio o nella circolazione semplice. Il perché e il come ce lo spiega Marx, Grundrisse, edizione Einaudi pag. 220
«Il lavoro come pura prestazione di servizi per il soddisfacimento di bisogni immediati non ha nulla a che fare con il capitale, perché questo non lo cerca. Se un capitalista si fa tagliar della legna per arrostire il suo montone, sia il taglialegna nei suoi confronti, sia lui stesso nei confronti del taglialegna stanno nel rapporto dello scambio semplice. Il taglialegna gli presta il suo servizio, un valore d'uso che non accresce il capitale, che anzi in esso si consuma, e il capitalista in cambio gli fornisce un'altra merce sotto forma di denaro. Così accade con tutte le prestazioni di servizi che i lavoratori scambiano direttamente con il denaro di altre persone, e che vengono da queste consumate. Si tratta allora di consumo del reddito, consumo che come tale rientra sempre nella circolazione semplice, non di consumo del capitale. Poiché uno dei contraenti non sta di fronte all'altro come capitalista, questa prestazione del servitore non può rientrare nella categoria del lavoro produttivo.» Karl Marx, Grundrisse, edizione Einaudi, pag. 220.

Il trucco di Friedman - e forse degli economisti liberal-liberisti in generale - consiste nel rifiuto di problematizzare il passaggio dallo scambio o circolazione semplice, al modo di produzione capitalistico. Ne sia prova il passaggio seguente:
«Nonostante il ruolo importante delle imprese e della moneta nella nostra economia contemporanea, e nonostante i numerosi e complessi problemi che ne derivano, la caratteristica centrale della tecnica del mercato per attuare la coordinazione è pienamente attuata nell'economia di scambio semplice, che non conosce ancora né l'esistenza delle imprese né quella della moneta. Come in questo modello semplice, così nell'economia complessa di impresa, di moneta e di scambio, la cooperazione è strettamente individuale e volontaria purché:1. le imprese siano private, sicché, al limite, le parti contraenti siano individui;2. gli individui siano effettivamente liberi di impegnarsi o non impegnarsi in un qualsiasi scambio particolare, di modo che ogni transazione risulti strettamente volontaria.» M. Friedman, Ibidem, pag. 25

Che non sia così, che il sistema economico e produttivo capitalistico obbedisca a ben altre leggi che non sono affatto riducibili allo scambio semplice ce lo spiega ancora Marx (sempre dai Grundrisse, pag. 222:
«Se consideriamo lo scambio tra capitale e lavoro, riscontriamo che esso si scinde in due processi diversi non solo sul piano formale, ma anche su quello qualitativo, in due processi addirittura contrapposti:1) L'operaio scambia la sua merce – il lavoro che ha valore d'uso, che in quanto merce ha anche un prezzo come tutte le altre merci – con una determinata somma di valore di scambio, una determinata somma di denaro che il capitale gli cede.2) Il capitalista ottiene in cambio il lavoro stesso, il lavoro come attività creatrice di valore, come lavoro produttivo; ossia ottiene nello scambio la forza produttiva che conserva e moltiplica il capitale, e che con ciò diviene forza produttiva e riproduttiva del capitale, una forza che appartiene al capitale stesso.»

La libertà di scambio: ecco la sola libertà che anima il sistema economico e produttivo capitalista, la sola che è disposto a difendere e a garantire, posto che le altre libertà sono tutte libertà accessorie che, in caso di necessità, possono anche essere sacrificate pur di salvaguardare l'unica che sta alla base del sistema, la libertà di scambio, appunto.
«Finché è effettivamente mantenuta la libertà di scambio, l'essenziale tratto caratterizzante dell'organizzazione di mercato dell'attività economica sta nel fatto che essa impedisce al singolo di interferire in gran parte delle attività altrui. Il consumatore è protetto dalla coercizione esercitata dal venditore per effetto della presenza di altri venditori con i quali egli può entrare in rapporto contrattuale. Il venditore è protetto dalla coercizione esercitata dal consumatore per effetto della presenza di altri consumatori ai quali egli può vendere. Il prestatore d'opera è protetto dalla coercizione esercitata dall'imprenditore, perché ci sono altri imprenditori per i quali può lavorare, e così via. E il mercato realizza tutto ciò impersonalmente e senza intervento di un'autorità centrale.» M. Friedman, ibidem, pag. 26

Il mondo del Bengodi per tutti, dai consumatori, ai venditori, dai prestatori d'opera agli imprenditori. Che sagome questi economisti liberali. Che menti acute, vero Marino?[*]
«La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore. L’operaio non produce per sé, ma per il capitale. Quindi non basta più che l’operaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. È produttivo solo quell’operaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve all’autovalorizzazione del capitale. Se ci è permesso scegliere un esempio fuori della sfera della produzione materiale, un maestro di scuola è lavoratore produttivo se non si limita a lavorare le teste dei bambini, ma se si logora dal lavoro per arricchire l’imprenditore della scuola. Che questi abbia investito il suo denaro in una fabbrica d’istruzione invece che in una fabbrica di salsicce, non cambia nulla nella relazione. Il concetto di operaio produttivo non implica dunque affatto soltanto una relazione fra attività ed effetto utile, fra operaio e prodotto del lavoro, ma implica anche un rapporto di produzione specificamente sociale, di origine storica, che imprime all’operaio il marchio di mezzo diretto di valorizzazione del capitale. Dunque, esser operaio produttivo non è una fortuna ma una disgrazia. » Karl, Marx, Il Capitale, Libro I, Sezione V, cap. 14.
 
[*] Mi riferisco al tuo commento al precedente post

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

Friedman e gli altri idioti come lui non hanno la minima idea di cosa sia il capitalismo, di come lo scopo fondamentale di esso non sia produrre dei "beni", o finanche delle merci, ma di produrre plusvalore.né per altro sembrano avere la minima idea di cosa sia la concorrenza e il monopolio. idioti.