venerdì 28 giugno 2013

47 anni di lavoro

Quando ieri sera Francesco Gaetano Caltagirone, dopo la lusinghiera presentazione che Lilli Gruber gli aveva preparato («Il Financial Times ha scritto che lei è uno dei più ricchi industriali e forse uno dei più influenti uomini d'affari che operano dietro le quinte»), ha risposto:
«Ho lavorato esattamente 47 anni, ho avuto fortuna e obiettivamente ho un patrimonio rilevante»
ho subito pensato a Pierferdinando Casini; di poi, con minore immediatezza, ho riflettuto sul fatto che, per quarantasette anni, l'ingegner Francesco Gaetano ha svolto un lavoro che ha fruttato un patrimonio rilevante. A lui e ai suoi congiunti. A chi lavorava e lavora per lui un po' meno, ma queste sono conseguenze irrilevanti in una repubblica che fonda il proprio essere sul lavoro.

L'intervista è proseguita toccando vari temi, dalla finanza all'edilizia, passando poi - complice il fatto che, tra tante cose, Caltagirone è anche l'editore del Messaggero - sulla vicenda dei movimenti azionari in seno al Corriere della sera; a tal proposito, Lilli Gruber gli ha chiesto qualcosa sul tentativo di Della Valle di acquisire la maggioranza del pacchetto azionario di Rcs*, specificando che, siccome lui, Caltagirone, è amico di Diego Della Valle, se quest'ultimo potrebbe essere un buon editore. Caltagirone ha risposto così:
«Diego Della Valle ha sempre avuto la passione della carta stampata. Mi ricordo che, in vacanza, quando lo incontravo, aveva sempre qualche editore di giornale, magari straniero, a bordo [dello yacht, immaginiamo]».
Inoltre, riferendosi proprio alla multiproprietà che guida il Corriere, Caltagirone ha aggiunto:
«L'azionista ha un ruolo sociale, la proprietà ha un ruolo. Il motivo per cui l'economia del socialismo reale è naufragata è stato la mancanza di proprietà».
Ho dei dubbi, ma non sono in grado di replicare a tale affermazione. A occhio, mi pare che le cause del crollo economico del blocco sovietico siano molteplici, e quella che adduce Caltagirone mi sembra quella che più fa comodo al pensiero capitalista.

Queste le cose che più mi hanno colpito, anche se l'intervista, ripeto, è stata a tutto campo. E Caltagirone, nonostante non sia avvezzo alla tv, ha dimostrato di essere un personaggio di spessore del panorama capitalistico nostrano. Alle accuse della Gruber di responsabilità del sistema bancario riguardo alla crisi economica, egli - da principale azionista privato di Unicredit - ha replicato che non è vero, che il primo obbligo delle banche è la tutela dei depositi e che a) non ci sono le condizioni per finanziare gli investimenti e che b) esse hanno avuto pressioni politiche forti per comprare debito italiano coi soldi offerti loro a un tasso d'eccezione dalla Bce. 

Ecco qua, sull'argomento è tutto. Vado ora nel sito dell'Inps a vedere quanto mi manca ad arrivare a 47 anni di lavoro. Dal patrimonio direi parecchio.


*La notizia dell'aumento di capitale di Fiat è di oggi e non poteva essere commentata.

2 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

sono d'accordo, anche se non per gli stessi motivi, con Caltagirone quando dice che la causa per cui l'economia del socialismo reale è naufragata è stato la mancanza di proprietà

leggo nel Manifesto:

Ci si è rinfacciato, a noi comunisti che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente, frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe il fondamento di ogni libertà, attività e autonomia personale.

Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell'industria.

O parlate della moderna proprietà privata borghese?

E poi:

Il modo di appropriazione capitalistico che nasce dal modo di produzione capitalistico, e quindi la proprietà privata capitalistica, sono la prima negazione della proprietà privata individuale, fondata sul lavoro personale. Ma la produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttabilità di un processo naturale, la propria negazione. È la negazione della negazione. E questa non ristabilisce la proprietà privata, ma invece la proprietà individuale fondata sulla conquista dell’era capitalistica, sulla cooperazione e sul possesso collettivo della terra e dei mezzi di produzione prodotti dal lavoro stesso (Il Capitale, I, 24-7).

Luca Massaro ha detto...

Grazie dei passi riportati, ne farò tesoro.