mercoledì 19 giugno 2013

Lavorare stana

Riunione tra colleghi. Il coordinatore domanda: «A chi tocca il verbale?». Silenzio. Nessuno si fa avanti. Il coordinatore, irritato, passa in rassegna il quaderno dei verbali per controllare chi lo ha fatto in precedenza, le scorse riunioni. Risulta che tre partecipanti, tra i quali io, non l'hanno mai fatto. Il coordinatore insiste perché uno di noi tre si faccia avanti. Piccola premessa: l'accordo tra colleghi che il verbale toccherebbe una volta cadauno, non ha fondamento se non per togliere "un peso" (carico di lavoro del cazzo) a chi, come il coordinatore, è pagato per occupare tal ruolo. Faccio presente questo ai colleghi, che mi guardano meravigliati perché nessuno di loro aveva sollevato questa obiezione. Una di loro, in pratica il vice-coordinatore, ribatte che fare il verbale è un assunzione di responsabilità per ciascuno, in quanto, esso, è una pratica che arricchisce professionalmente. Avrei voluto dire “arricchisce du palle”, tuttavia mi sono trattenuto e ho controribattuto che, infatti, i verbali li fanno gli appuntati e noi, cazzo, tutto, ma appuntati no (con tutto il rispetto per gli appuntati).
«E insomma te Massaro il verbale non lo vuoi fare?»
«Le vedi le pareti di questa aula? Una mano di bianco non ci starebbe male, non trovi?»
«In effetti, sono un po' sporchine. Ma questo cosa c'entra?»
«Lo chiederesti a Picasso di imbiancarle?»
La riunione è cominciata e il verbale l'ha fatto il coordinatore.

***

Consegna documenti vari in segreteria. Prassi di fine anno. Archivio, gli scaffali pieni di catalogatori, i tavoli sono occupati da scatole di cartone che contengono registri, agende, schede, certificazioni, richieste. Seduto all'unica scrivania libera, il segretario notifica e protocolla l'avvenuta consegna della documentazione e, dipoi, una volta che ognuno ha depositato nelle scatole subito colme i propri documenti, richiede a tutti di firmare la presa d'atto. 
Siccome il segretario è solo a svolgere questo lavoro, ho imparato che andarci nelle ore di mezzo delleamattina significa stare in coda, così quest'anno ci sono andato più tardi, al limite dell'ora di chiusura degli uffici. All'ingresso, infatti, soltanto tre colleghi avanti a me, i quali, per fortuna, disbrigano velocemente la faccenda. Tocca a me, entro e, subito dietro, ecco una collega trafelata, una molto carina ma un po' algida, di quelle che non conviene troppo mostrarsi gentili perché potrebbero interpretare la cortesia come un tentativo di corteggiamento che subito qualifica il gentiluomo di turno come allupato. Così, non ho ceduto e ho mantenuto il mio penultimo posto. Penultimo perché
il segretario - un rispettabile e simpatico signore di manifesta (ma non so se dichiarata) tendenza omosessuale - ha alzato gli occhi dal suo registro ordinando:
«Chiudete la porta, che non entri più nessuno. Dopo voi due per stamani basta, è già l'una passata e devo fare la pausa pranzo. Bene, a chi tocca?».
«A me» e mi metto a lui di fronte, prima per firmare, poi per depositare i documenti in ordine, dentro le scatole di cartone debitamente contrassegnate. Mentre faccio questo, il segretario solfeggia:
«Massaro, attento a non sbagliare buco».
«No, segretario, non ti preoccupare, ché qui dentro questa stanza il buco non lo sbaglierei».
La collega algida si scioglie in un mezzo sorriso.

Aggiornamento:
Ho modificato il titolo («Lavorare non stanca») perché mi sembrava inopportuno.

1 commento:

siu ha detto...

Che tuffo nel passato (non di verdura)... Nella finta indifferenza di quegli sguardi bassi e ostentatamente distratti quando il preside chiedeva "chi fa il verbale?", che poi se nessuno rispondeva lo faceva lui.
Il (nuovo) titolo del post: un colpo di genio.