«[Ne]gli ordinamenti giuridici
primitivi [nulla] contrasta con un primitivo senso di
giustizia dirigere la sanzione non solo contro [il colpevole], ma
anche contro i suoi congiunti, contro tutti gli appartenenti alla sua
famiglia o alla sua tribù: in altre parole, contro i membri del
gruppo circoscritto al quale [il colpevole] appartiene. Non solo è
responsabile chi effettivamente ha commesso l'illecito, ma anche
altri lo sono. Persino nella Bibbia è considerato ovvio che, per i
peccati del padre, siano puniti i figli e i loro figli. La cerchia
dei responsabili è determinata dall'appartenenza a un dato gruppo
sociale, alla stessa comunità giuridica. È questo il principio
della responsabilità collettiva.
Questo principio può essere ricondotto
al fatto che, secondo la concezione primitiva, esiste uno stretto
legame tra l'individuo e gli altri membri del suo gruppo. L'uomo
primitivo identifica l'individuo con il suo gruppo, con tutti gli
altri membri di esso. Egli non considera se stesso come individuo
autosufficiente, distinto e indipendente dal suo gruppo, ma come
parte integrante di esso. È ovvio per lui che ciascun membro del
gruppo sia responsabile per tutti gli altri membri. Come il gesto
eroico di un membro del gruppo sollecita soddisfazione e
apprezzamento da tutti gli altri, così è anche ritenuto giusto che
l'illecito di un membro del gruppo sia vendicato su tutti gli altri
membri. La responsabilità collettiva è un tipico elemento di uno
stato di giustizia nel quale ancora sussiste il principio
dell'autodifesa. La vendetta di sangue, tipica forma di autodifesa,
non è affatto diretta contro la sola persona che ha commesso l'atto
da vendicare, bensì contro l'intera famiglia. Si tratta della
reazione di un gruppo contro un altro gruppo».
Hans Kelsen, La teoria politica del
bolscevismo, Il Saggiatore,
Milano 1981 (traduzione a cura di Riccardo Guastini, pag. 113-114).
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