sabato 26 dicembre 2009

Parce que nous le valons bien

«Quel che è decisivo, perché è la ragion d'essere della comunità, è la credenza. Ora, una credenza nutrita in comune non si riduce né a un insieme d'idee né alla serie degli scopi che la comunità si propone: fa tutt'uno con la vita - la storia - del gruppo e, al tempo stesso, ne costituisce la legge ideale, violata la quale il gruppo è, per così dire, sconsacrato, e decade. E una credenza non chiede soltanto di esser condivisa, esige anche che l'individuo vi si conformi: costituisce cioè l'obbligo di credervi anche quando il rapporto fra le vicissitudini del gruppo e questa o quella idea appaia incerto. È perché ci credeva che l'individuo ha aderito al gruppo, ma è anche per poter continuare a crederci che vi rimane. Giacché, fuori del gruppo, non ci sono più credenze, ci sono soltanto opinioni.
Questo è il fatto da cui, in qualunque gruppo umano, per quanto libero sia, scaturisce la costrizione.
In ultima analisi, tutto accade come se l'individuo aderisse al gruppo per necessità: perché è il solo luogo in cui egli possa vivere ciò che crede; come se vi restasse per necessità: perché un altro luogo non è dato; è come se non potesse dunque lasciarlo che per necessità: perché il gruppo lo respinge, o (ma è la stessa cosa) perché se ne sente abbandonato».

Nicola Chiaromonte, Credere e non credere, Il Mulino, Bologna 1993 (pag. 121-122)

Ho sottolineato tali frasi perché chiariscono le ragioni del mio individualismo, ovvero del mio presunto liberalismo. So che non potrò mai convincere nessuno a far parte di un club di cui anch'io sono membro (per parafrasare Groucho Marx); e, allo stesso tempo, non potrò mai ‘credere’ abbastanza per far parte di qualsivoglia gruppo. Ma soprattutto mi fanno “credere” che una delle ragioni per cui internet è temuto dal potere è che parte consistente di tale mondo di teste pensanti ha come a noia, cioè storce il muso di fronte a qualsiasi credenza; e se per questo il gruppo (dominante) lo respinge, l'individuo non si sente solo né abbandonato, anzi: sa per certo che la sua solitudine è condivisa da altre persone, che la sua voce o il suo silenzio saranno riconosciuti per quel che valgono

5 commenti:

paopasc ha detto...

Ne scorgi però, o Lucas, l'intima debolezza?
Far parte di un gruppo unito solo dalla separazione da tutti gli altri gruppi: una sorta di gruppo misto, il quale non è unito da condivisione ma da repulsione.
Se ho letto bene la realtà da te dipinta con tinte molto meno fosche, cosa succederà quando crollerà la repulsione altrui?
Io sono un nostalgico di tempi mai stati. Posso pensarla diversamente da te su tutto, ma su una cosa dobbiamo pensarla allo stesso modo. A quella ci aggrappiamo per essere uniti ma non schiavi.

alex ha detto...

bel post, tanti pensieri, riassumo molto: in pratica sembra che l'adesione al gruppo porti alla credenza come identificazione. la credenza come mezzo per far funzionare l'altro mezzo, cioè il gruppo (e se non funziona il gruppo non raggiungo il fine per il quale ho aderito, qualunque sia).
però poi succede, chissà come, che il gruppo diventi il mezzo per la credenza. si invertono i ruoli.
questa inversione non è "sana", credo, perché la credenza non ha altro fine. non produce niente per noi. produce la distinzione dagli altri, e quindi solo del "male".
come succede?

Luca Massaro ha detto...
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Luca Massaro ha detto...

Cari amici, m'arrendo: non so rispondere alle vostre domande, anche se "credo" abbiate tutti e due ragione... ma non ve la do, altrimenti facciamo "gruppo". Se si costruiscono "credenze", infatti, siamo fottuti.

paopasc ha detto...

Luca,
osserva questo, e dimmi cosa ne pensi: nè io a te nè tu a me abbiamo bisogno di, scusa il termine, 'farla collassare' questa verità da non dirsi, noi la sappiamo, punto e basta, entro di noi, abbiamo le stesse convinzioni? la pensiamo diversamente? pure noi ci comportiamo sempre come se, pur senza dirlo, agiamo come se.
Quel come se, ora che lo dico, qualcosa un po' perde, sembra una cosa banale, e magari puoi trovarci da ridire, è lo scotto da pagare: quel come se è che io ti riconosco.