È
sdraiata sul pavimento e sta leggendo. Attorno a Liza ci sono dei
fogli appallottolati e strappati. Non ci fa particolarmente caso,
finché non ha il sospetto che siano fogli del suo lavoro. Si
precipita in ginocchio, ne afferra uno, due, tre, li guarda e ha la
conferma. Resta per un attimo senza fiato, l'indignazione lo rende
muto. Liza lo guarda calma, sorridente, interrogativa e sorpresa:
«Tutta
la storia del bagno turco. Ho creduto... ».
L'ira
di Fabro scoppia come un tuono: «Che hai creduto! Come ti permetti
di credere! Come puoi osare una cosa simile!».
Liza
Baldwin: «Io pensavo...»
Fabro:
«Non devi pensare! Chi sei tu per strappare quello che io scrivo?
Rispondi? Chi sei?».
L'ha
afferrata per il collo della camicetta, la stringe, scuotendola.
Chiude gli occhi per impedirsi di picchiarla, poi di colpo la lascia,
raccoglie i fogli strappati (la sola copia che gli resta!), si alza,
sempre furioso, smozzicando le sue proteste, ripetendole con maggior
forza, battendo i pugni sul tavolo. Liza sta salendo rapidamente la
scala che porta alla camera da letto.
Fabro
la vede fuggire, prende i fogli ne spiega e ne stira qualcuno, la sua
ira comincia a sbollire.
Ennio Flaiano, Il
gioco e il massacro, Rizzoli,
Milano 1970
Una
scena simile oggi non sarebbe proponibile. O meglio, non da oggi, ma
da tanto tempo, oramai. Diciamo
un tre lustri buoni stando stretti (da poco, infatti, come ha
ricordato Stefano Bartezzaghi sulla
Repubblica odierna,
si celebra il trentennale del rilascio di Word).
Oggi,
dunque, Liza
Baldwin non avrebbe potuto strappare alcun foglio a Fabro. Avrebbe
potuto sfasciargli il compùtero
– ma,
se Fabro non fosse stato uno sprovveduto, nel senso che, come
da un paio d'anni almeno si
suole, avesse
conservato
una copia del suo lavoro in una
nuvola qualsiasi,
neanche questo sarebbe servito alla di lei vendetta del bagno
turco.
E
quindi? Allo stato presente, la miglior cosa, per Liza, sarebbe
trafugare la di lui password per modificare o, peggio, cancellare i
suoi file... Ma vabbè, tutta la scena assumerebbe un aspetto
diverso, ira di Fabro compresa, ira che non avrebbe modo di sbollire
prendendo i fogli da terra, spiegandone e stirandone alcuni...
1 commento:
Che bel tuffo, (solo?) letterariamente nostalgico, nel passato remoto.
Facendo "scuole commerciali", e sottoscritta ahimé fecit, la macchina da scrivere s'imparava a piegarla fino ad improbabili usi artistici, grazie a miriadi di x e di o, un po' con la parte del nastro rossa un po' con quella nera, o blu... Ricordo che particolarmente bene mi era riuscita una caravella, complicatissima... caravella... scoperta dell'America... lungo traghettare, da quella lontana tastiera meccanica a questa del pc. Che, devo riconoscere en passant, fin dall'inizio uso senza guardare e alla velocità della luce grazie a quelle ore di scolastica dattilografia.
E volendo c'ho pure un aneddoto, sugli allora campionati italiani di steno e dattilografia a Montecatini. La sera prima della gara, a ballare grazie ad un'insegnante illuminata, o forse solo scaltra e votata a stancarci per assicurarsi una notte tranquilla, un tipo un po' meno illuminato aveva chiesto a me e una compagna di dove fossimo, e come mai eravamo a Montecatini. "Per i campionati di stenografia e dattilografia". "Eh già... così alte!" (credo che con noi due non abbia ballato).
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