Caffè dopo pranzo, ho acceso la tv, Rai Storia (non perché fa figo, ma fuggire la noia della contemporaneità). C'era Viaggio in Italia, “Piemonte. Piemontesi di penna e pennello”, bellissima trasmissione che ha mostrato ritratti di Guido Gozzano, di Felice Casorati; poi anche una recensione-stroncatura televisiva di Guido Davico Bonino (non so se seria fino in fondo, mi è sembrato di sì, roba inverosimile a pensarci oggi) al libro A che punto è la notte, di Fruttero-Lucentini, con annessa intervista a Freccero. E, di poi, l'intervista di Lucia Borgia a Primo Levi (1, 2)
«Primo Levi, lei è ritornato e ha scritto un libro sul viaggio di ritorno, La tregua. In questo libro dice: “Sentivamo fluire nelle nostre vene il veleno di Auschwitz”. Ecco, questo veleno, lei la conserva ancora qualche goccia di questo veleno?»
«No, direi proprio di no. Sono passati molti anni, non invano; ho molto pensato su questo argomento, fa parte di un certo mio modo di vivere il riferirmi, per tutte le mie esperienze posteriori, a quell'esperienza fondamentale. Questo veleno è esorcizzato, non scorre più nelle vene. Allora sì, in quel momento sì...»
Era tanto che non sentivo gli occhi inumidirsi davanti alla tv.
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