sabato 7 marzo 2015

Il black out del capitalismo illuminato

Notevole l'intervista-testimonianza che Brunello Cucinelli ha rilasciato a Wei Koh, direttore del magazine The Rake, rivista di riferimento della moda maschile mondiale. Invito a leggerla tutta, io qui mi limito a estrarre alcuni passaggi, sufficienti per concentrare il discorso sul perché il capitalismo, anche quando si presenta nella veste migliore, non riesce a nascondere le toppe al culo sue contraddizioni.

Premetto tuttavia ammirazione per personaggi di rilievo come Brunello Cucinelli, i quali, esclusivamente per mezzo del talento e di indubbie capacità imprenditoriali, sono riusciti nell'impresa di salire la scala sociale, passando da una mera condizione proletaria a quella di capitalista affermato che non dimentica le proprie origini.
Purtroppo per lui, e per molti di quelli come lui, non dimenticarsi donde si viene, non significa affatto dismettere una posizione classista, anzi: essi diventano, loro malgrado, modelli di perpetuazione e difesa del sistema economico del quale, in parte, scorgono le contraddizioni e per il quale tentano, goffamente, di risolverle con proposte specchietti per le allodole.
Infatti, pur ammettendo che tutta la produzione manifatturiera italiana si riconverta in «segmenti specifici di produzione di beni che [i] nuovi ricchi desiderano acquistare in Italia [...]: meccanica, arredamento, abbigliamento, alimenti e bevande – tutto dev’essere di altissima qualità e deve corrispondere ai desideri di acquisto di queste persone», ciò non toglie o preclude che nel mondo si continui a produrre merda merce più o meno inutile perché, abbassoiddio vivaddio, nel mondo continuano a esserci persone che ricche non sono ma che pure hanno fame, sete, freddo, caldo, voglie e altro tipo di necessità.
Questo lo capisce anche il mecenate Cucinelli che, difatti, più avanti, afferma che gli sembra «il mondo stia veramente per dividersi in due, tra prodotti speciali che sono molto riconoscibili e costosi» destinati beninteso alla gente ricca e benestante, «e prodotti a un prezzo conveniente e di produzione industriale, e quest’ultima categoria di produzione sta diventando sempre meno attuabile in Italia» destinati ai morti di fame  alla gente non ricca e stante e basta, oppure malestante.
Bene, la mediocrità sia prodotta altrove. Ma le contraddizioni siano espresse qui di seguito:
«Mentre molti uomini della sua generazione guardano con circospezione all’immediata disponibilità di informazioni su Internet, Cucinelli ritiene che ciò abbia sortito un effetto positivo sull’evoluzione del capitalismo nel mondo moderno. “Il capitalismo oggi deve avere il coraggio di essere contemporaneo”, spiega Cucinelli. “Nessuno può più dire bugie. Per esempio, se io lavoro per te, so esattamente quanto guadagni, so dove abiti, e oggi se vuoi essere credibile devi essere vero perché non si può più nascondere nulla. Ai tempi di mio padre, lui non sapeva nulla del proprio datore di lavoro – non sapeva quali profitti facesse il suo datore di lavoro, né che genere di vita conducesse. Oggi tutti possono reperire informazioni su tutti, e quindi quello di oggi è un nuovo mondo, ma un mondo in cui possiamo trarre vantaggio da tale trasparenza. In un certo senso ci obbliga a ritornare a rispettarci a vicenda e a lavorare in una maniera che sia etica. I giovani di oggi sono gli innovatori del capitalismo. Ma dev’essere un capitalismo illuminato. Ecco perché credo che questo sarà il secolo d’oro. Mi capita di chiedere ai giovani oggi: ‘Compreresti un prodotto se sapessi che per produrlo è stato recato danno all’umanità?’ E loro mi rispondono: ‘Non credo proprio’. Trent’anni fa non avevi modo di saperlo. Oggi lo sai”.»
Ora, io non so quanto guadagni esattamente o dove abiti un Agnelli a caso, anche oggi, all'epoca di internet - ma ciò non è importante: quel che invece è importante è non dare credito alle profezie di un parvenu alla Cucinelli, per quanto umanista e filantropo sia diventato, giacché il capitalismo è sempre stato illuminato per il proprio tornaconto di classe, per la maniera spregiudicata con la quale sa adattarsi alle diverse forme di potere statale datesi nelle varie epoche, soprattutto nella nostra in cui ha raggiunto la sua massima espansione. L'oro del capitale è già in corso d'opera, in copiosa quantità, ancor più moltiplicata dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione dell'economia.
E che Cucinelli sia, purtroppo, in malafede ne è prova la domanda che gli capita di rivolgere ai giovani di oggi, una domanda che contraddice se stessa nel preciso momento della sua formulazione. Infatti, domandare ai giovani se comprerebbero prodotti che abbiano recato danno all'umanità senza chiedere, a se medesimo, con quale sistema la facoltosa clientela, verso cui si rivolge per i propri pregiati capi in cachemire, abbia guadagnato i soldi per comprare la sua merce, con o senza danni all'umanità, significa soltanto una cosa sola: pecunia non olet, ok, ma la morale illuminata di Cucinelli puzza di piscio (stia attento coi pantaloni chiari).


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