martedì 21 luglio 2015

Si subisce uno stato, si decide un atto

«Una vita che mi è alleata per tutta la vita: ecco il miracolo del matrimonio. Una vita che vuole il mio bene quanto il suo, perché si confonde col suo: e se non fosse per tutta la vita sarebbe ancora una minaccia (quella minaccia che sempre è latente nei piaceri che ci procura una “relazione” amorosa). Ma quanti uomini conoscono la differenza fra un'ossessione che si subisce e un destino che si sceglie?
La chiariremo dunque con un esempio molto semplice.
Essere innamorati non significa necessariamente amare. Essere innamorati è uno stato; amare un atto. Si subisce uno stato, ma si decide un atto. Ora, l'impegno che il matrimonio comporta non potrebbe onestamente applicarsi al futuro di uno stato in cui ci si trova oggi; ma può e deve implicare l'avvenire di atti coscienti che ci si assume: amare, restar fedeli, educare i propri figli. Si vede qui la differenza tra il significato della parola amare nel mondo dell'Eros e nel mondo dell'Agapé. La si coglie ancor meglio quando si constati che il Dio della Scrittura ci ordina di amare. Il primo comandamento del Decalogo “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima e tutta la tua mente”, non può riferirsi che a degli atti. Sarebbe completamente assurdo esigere dall'uomo uno stato di sentimento. L'imperativo “Ama Dio e il tuo prossimo come te stesso” crea strutture di rapporti attivi. L'imperativo “Sii innamorato” sarebbe vuoto di significato o, se fosse realizzabile, priverebbe l'uomo della sua libertà».

Denis de Rougemont, L'amore e l'Occidente, Paris 1939, edizione italiana BUR, Milano 1993.

Apriamo il dibattito.

Amare è una rottura di coglioni, come lavorare al catasto una vita in attesa della pensione.
Essere innamorati, invece, è come il raffreddore: non vedi l'ora che finisca.
Come la mettiamo tra stato e atto e, viceversa, tra atto e stato?
Non la mettiamo, lasciamola in terra la questione, ci crescano sopra gramigna e passiflora.
L'imperativo del primo comandamento, prima ancora di creare strutture di rapporti attivi, crea rapporti di fede, crea credenza, qualcosa cui appoggiarsi o appoggiare qualcosa sopra, o riporre un alcunché nei cassetti, la vita per esempio (documenti, mutande, calzini, lettere d'amore scritte a penna). 
Se, tutto sommato, data l'Entità, amare Dio è piuttosto facile, più complicato e impegnativo è amare il prossimo. Quanto prossimo va amato per esempio? Tutto? Come faccio ad amare il candidato presidente del Burundi, per esempio? O quelle grandissime testedicazzo assassine fetenti che hanno imbottito di tritolo un bastardo assassino suicida credente a Suruc, cittadina turca al confine con la Siria, uccidendo una trentina di giovani? Per stare a quest'ultimo caso: l'assassino suicida ha amato se stesso come il prossimo, in quanto uccidendosi ha creduto di fare del bene a sé.
Converrete che è più semplice l'atto di fede a Dio anziché al prossimo, proprio in virtù che il prossimo esiste mentre Dio chissà.

Ma torniamo al matrimonio: sì, è senz'altro un atto che prevede un patto, questo: garantire una serena convivenza alla fine dello stato. Le eccezioni, seppur numerose nell'uno e nell'altro verso, non sono contemplate.

Concludiamo con un cenno sulla condanna della Corte Europea dei Diritti umani all'Italia perché non ha ancora riconosciuto, nel proprio ordinamento giuridico, i diritti delle coppie gay.
A tal proposito - a fava oserei dire - viene in ausilio una sentenza storica della Corte di cassazione che riconosce il cambio di sesso anagrafico senza operazione chirurgica. Bene, credo che farebbe scuola la prima coppia gay che, per sposarsi, opterebbe per il “sacrificio” sessuale anagrafico di uno dei futuri coniugi, andando così a metterlo a quartabuono ai ritardi legislativi di uno Stato che, finché potrà, farà il pesce in barile.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...a me torna in mente l'opzione di dichiararsi omosessuali per essere riformati alla leva, e i pochi eroi o disperati che vi ricorrevano. certo, so' altri tempi...

marino voglio off

Luca Massaro ha detto...

Come mai "off"? Perché "on" è il ventilatore?