sabato 15 maggio 2010

iJob

«Ma il sovvertimento che oggi subisce il lavoro non si segnala in modo esauriente con la sola indicazione della razionalizzazione. Perlomeno altrettanto fondamentale della rivoluzione prodotta dall'automazione è quella che consiste nel fatto che oggi mezzi e fini sono invertiti. [...] È vero che oggi avviene ancora che ogni singolo consideri il proprio lavoro come mezzo (per l'acquisto di beni di sussistenza, in senso lato). Ma mentre prima lo scopo del lavoro consisteva nel fatto di soddisfare i bisogni mediante la produzione di prodotti, oggi il primo bisogno è la produzione di posti di lavoro; la creazione di lavoro diventa il vero compito, lo stesso lavoro diventa un prodotto da produrre; diventa lo scopo, che può essere raggiunto solo così, con la produzione di prodotti intermedi. Questi nuovi prodotti si chiamano “nuovi bisogni”, che, a loro volta, vengono prodotti per mezzo di un lavoro che si chiama “pubblicità”. Quando questi nuovi bisogni sono stati prodotti, diventa anche necessario e possibile nuovo lavoro come prodotto finale.
Tuttavia, non ad libitum. Non soltanto perché il nostro “poter aver bisogno” non è illimitato (che cosa dovremo ancora desiderare dopo l'acquisto di [un iPod, di un iPhone e di un iPad?*]); bensì, soprattutto, a causa dell'inarrestabile ascesa della tecnica. A causa dell'inarrestabile perfezionamento della razionalizzazione e dell'automazione, il numero dei lavoratori necessari un tempo per una determinata mansione va continuamente diminuendo. Il postulato della piena occupazione sarà dunque tantomeno realizzabile, quanto più è lo status tecnologico di una società. Se certi politici mitteleuropei fanno credere di voler accrescere il livello tecnologico dei loro paesi perché solo così potrebbero garantire la piena occupazione, essi sono o incapaci di pensare o demagoghi. Non è possibile programmare la più alta razionalizzazione che fa diminuire il numero dei lavoratori richiesti, e al tempo stesso la piena occupazione. In nessun altro luogo tranne che nella politica ci si potrebbe permettere un tale strafalcione logico. La dialettica odierna consiste in questa contraddizione tra razionalizzazione e piena occupazione. Ma nessun politico ha il coraggio di ammetterlo pubblicamente».

Günther Anders, L'uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 1992 (pag. 89-90).

*Mi sono permesso di sostituire con tali prodotti odierni la «macchina per scrivere utilizzabile sott'acqua» dell'autore; da ricordare, infatti, che la prima edizione italiana (sempre curata da B&B) è del 1963.

1 commento:

Gians ha detto...

"Se certi politici mitteleuropei fanno credere di voler accrescere il livello tecnologico dei loro paesi perché solo così potrebbero garantire la piena occupazione, essi sono o incapaci di pensare o demagoghi. Non è possibile programmare la più alta razionalizzazione che fa diminuire il numero dei lavoratori richiesti, e al tempo stesso la piena occupazione." Mi pare sia questo l'aspetto centrale del ragionamento. Personalmente da sfiduciato cronico escluderei la demagogia. La demagogia nel suo spirito più alto contiene una illusione, e in quanto tale potrebbe essere vista come cosa positiva. Il guaio della politica è che non riesce più a vedere quanto succede sul campo.