Ad Anemone
«Quel che chiamava la sua capanna era una specie di baracca di legno. Avevano tolto la porta per accendere il fuoco, o per qualche altro scopo. La finestra era senza vetro. Il tetto era sfondato in parecchi punti. L'interno era diviso in due parti diseguali dai residui di un tramezzo. Se c'erano stati dei mobili non ce n'erano più. Per terra e contro le pareti, la gente si era data agli atti più vili. Il suolo era cosparso di escrementi di uomo, di vacca, di cane, di preservativi e di vomito. In uno sterco di vacca avevano disegnato un cuore, trafitto da una freccia. Eppure non era monumento nazionale. Notai dei resti di mazzi di fiori abbandonati. Colti avidamente, portati in giro per lunghe ore, avevano finito col buttarli, pesanti, o già appassiti. Quella era la dimora di cui m'era stata offerta la chiave.
Tutt'intorno la scena era quella solita di grandezza e di desolazione».
Samuel Beckett, La fine, da Primo Amore, Novelle, Testi per nulla, Einaudi, Torino 1967
2 commenti:
Solo dopo, poichè son cecata, ho letto la dedica. :)
Le regala così malmesse?
Sì, e così profumate :-)
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