lunedì 21 marzo 2016

Don Ezio inviato speciale

Per il regime cubano non ho alcuna simpatia; per quello americano nessuna. Quindi sarò imparziale e, rapido, vado al punto che mi preme: perché dopo aver diretto Repubblica gli ex direttori iniziano a cantar messa? A leggere l'editoriale di Ezio Mauro mi sono inginocchiato tre volte, mi sono seduto e poi mi sono rialzato al comando «In alto in vostri cuori». Sono rivolti al Signore.
Dopo il Vangelo, Don Ezio, nel sermone, ha raccontato alcuni episodi sulla storia di Cuba, dall'influenza americana 
«L’ultimo presidente americano a visitare l’isola, Calvin Coolidge, sbarcò in nave all’Avana da Key West insieme con la moglie Grace il 19 gennaio del 1928, quando gli Usa esercitavano un pesante protettorato sugli affari cubani, economia compresa, e si impadronirono per sempre della baia di Guantanamo.»
a quella sovietica:
«Più marcata la traccia sovietica. Da quell’ultima curva prima di Plaza de la Revolución dove oggi si sporge la folla per vedere Il Capo dell’Occidente, 27 anni fa passò trionfante l’ultimo imperatore sovietico, Mikhail Gorbaciov.»
Nel mezzo niente, manco un accenno a Fulgencio Batista, a Fidel Castro, alla rivoluzione. L'importante è continuamente ricordare che Cuba è una dittatura (è vero) e che ci sono prigionieri politici, dissidenti, dame bianche e preti a cui è consentito dire messa. Ma guai a dire qualcosa sul fatto che Cuba, pur con tanti difetti imperdonabili, non ha mai cercato di esportare la dittatura altrove, contrariamente agli americani che hanno ficcato la democrazia a forza, come una supposta, in tanti paesi latinoamericani - e non solo. In altri termini, Don Ezio non si pone minimamente il problema che il faro della democrazia e della libertà rappresentato dagli USA ha accecato, immiserito e depredato, complessivamente, tante terre e tanti popoli, che, al confronto, Fidel e Raul Castro meritano, parimenti a Obama, di ricevere il Nobel per la pace.

Povero Don Ezio: voleva esser testimone  di un evento storico, della vittoria definitiva della libertà contro l'oppressione, e invece non ha fatto altro che assistere alla perimetrazione di un futuro centro commerciale, come, in cuor suo, spera anche il presidente Raul Castro: l'importante è che finisca l'embargo, si ritorni a smerciare, e che il made in Cuba possa rimpinguare un po' le casse di uno stato alla fame.

2 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

passami la citazione (così raggranello tre lettori in più in questi giorni di magra):

http://diciottobrumaio.blogspot.it/2015/08/i-veri-e-semplici-cittadini-interessati.html

Massimo ha detto...

Beh, diciamo che Cuba non ha provato a esportare la dittatura altrove perché non ne aveva i mezzi. La sua "casa madre" l'URSS, ci ha provato eccome e per qualche decennio ci è pure riuscita. Il Che ci ha provato a esportare la simpatica dittatura del proletariato in Sudamerica ma ha sbagliato proprio i calcoli ed è diventato un santino.
La superpotenza superstite decide del tipo di "esportazione" con danni laterali e collaterali.
A Cuba i rivoluzionari si sono limitati a calpestare i propri cittadini. Di necessità virtù.
Ezio Mauro è il tipico candidato al premio Nobel per la lingua collosa.