giovedì 11 novembre 2010

Il punto esatto

«- Credo di capirti, - disse la Maga, carezzandogli i capelli. - Tu cerchi qualcosa che non sai cos'è. Anch'io e neppur io so che cos'è. Ma sono due cose diverse [...] Sì, tu sei piuttosto un

Mondrian

e io un Vieira da Silva

Cammino in una enorme stanza con il pavimento di piastrelle e una di queste piastrelle è il punto esatto in cui dovrei fermarmi affinché tutto si disponga nella giusta prospettiva»¹.

Il punto esatto. Lucas lo cerca per afferrare la propria unità in modo «che tutto si unisca nella [sua] vita per poterlo vedere contemporaneamente». Il problema è che il punto esatto, per vedere nella giusta prospettiva la nostra relativa unità, è introvabile: finché siamo nel mezzo della vita, dentro fino al collo, non saremo mai abbastanza capaci di riconoscere in che misura i nostri desideri sono mediati dalla relazione con l'altro (i nostri modelli-ostacoli mimetici). Fondamentale, però, è non illudersi di una possibile, ritrovata spontaneità del desiderio. Restare in tale illusione preclude qualsiasi tentativo di trovare il punto esatto. Ogni  nostro desiderio è frutto di una mediazione. Una volta riconosciuto questo, occorre verificare quanto questa mediazione sia esterna o interna. Esterna è quella mediazione che ci porta a imitare coscientemente i desideri dei modelli che, senza infingimenti, dichiariamo di avere. Interna è, invece, quella mediazione che ci conduce a imitare inconsciamente i desideri dei nostri modelli-rivali non riconosciuti. 
Lucas controlla il suo Calendar: domani ha appuntamento coi suoi demoni. - Stavrogin! Insegnami a giocare a scacchi!

¹ Julio Cortàzar, Il gioco del mondo, Einaudi, Torino 1969 (traduzione Flaviarosa Nicoletti Rossini).

2 commenti:

Anonimo ha detto...

troppe domande per un desiderio

prima di arrivare ad una risposta ci si è persi il divertimento, la curiosità, l'istintiva attrazione verso l'oggetto di quel desiderio, qualunque esso sia

e tutto e solo per trovare il punto della giusta prospettiva...a me pare che non ne valga poi la pena, ma credo che ci separi inesorabilmente lo stile del conoscere
il mio è affondare nella melma e sguazzarci, un assaggio continuo, un eterno esperimento
il tuo è uno scivolare elegante, senza schizzi, da osservatore galattico
sicuro di non essere un angelo?

Luca Massaro ha detto...

Beh, credo di no, ma non saprei dire: mi è sufficiente non essere un Angelino.