Ieri l'altro, Papa Francesco ha incontrato gli ambasciatori del Kyrgyzstan, di Antigua e Barbuda, del Gran Ducato di Lussemburgo e del Botswana e gli ha fatto questo discorso. Ne estraggo alcuni brani:
Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole. Inoltre, l’indebitamento e il credito allontanano i Paesi dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti.
Sarebbe bello se tale discorso, eventualmente, lo facesse, quando capita, anche agli ambasciatori degli Stati Uniti d'America, della Germania, del Giappone, della Gran Bretagna eccetera, più che altro per dar maggior risalto alla sua critica dell'attuale sistema economico.
Ma è una critica la sua?
No.
È un buffetto, non mette in causa nulla, sollecita soltanto chi detiene il potere a comportarsi meno schifosamente, di modo che i poveri sopravvivano e non si estinguano, ché sono la materia prima da sfruttare e per i ricchi e, in fondo, anche per la Chiesa.
Dietro questo atteggiamento si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio. Proprio come la solidarietà, l’etica dà fastidio! È considerata controproducente: come troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere; come una minaccia, perché rifiuta la manipolazione e la sottomissione della persona. Perché l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato. Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e politici, come non gestibile, Dio non gestibile, addirittura pericoloso perché chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di schiavitù. L’etica – un’etica non ideologica naturalmente – permette, a mio parere, di creare un equilibrio e un ordine sociale più umani. In questo senso, incoraggio gli esperti di finanza e i governanti dei vostri Paesi a considerare le parole di san Giovanni Crisostomo: «Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi possediamo, ma i loro» (Omelia su Lazzaro, 1, 6 : PG 48, 992D).
L'etica dà fastidio? Quale etica, vivaddio? Quella che conduce a Dio, secondo il Papa; forse che l'Etica di Spinoza andrebbe bene?
Ai finanziari che poi sosterrebbero che «Dio non è gestibile» il Papa dovrebbe offrire un corso accelerato di finanza e religione organizzato dalla Pontificia Università Lateranense, per mostrare loro come la Chiesa sia maestra nella gestione del Signore dell'Universo qui in terra, sfruttandone la materia in modo oculato e proficuo.
Cari Ambasciatori, sarebbe auspicabile realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti. Questa tuttavia richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici. Li esorto ad affrontare questa sfida, con determinazione e lungimiranza, tenendo conto naturalmente della peculiarità dei loro contesti. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri; ma il Papa ha il dovere, in nome di Cristo, di ricordare al ricco che deve aiutare il povero, rispettarlo, promuoverlo. Il Papa esorta alla solidarietà disinteressata e a un ritorno dell’etica in favore dell’uomo nella realtà finanziaria ed economica.
Che tale predica sortirà pochi effetti sulla crisi economica e finanziaria lo si nota anche dalla maniera in cui il Papa si rivolge ai “dirigenti politici”: egli si limita ad esortarli, anziché a convincere il gregge dei fedeli ad esonerarli dal potere che (tali potestà) hanno; potere che, ineluttabilmente, esercitano nella perdurante affermazione degli interessi di classe dei ricchi a danno e pena dei poveri. Insomma, chieder loro «un coraggioso cambiamento di atteggiamento» equivale a domandargli di segare il robusto ramo di privilegi dove sono seduti. E i potenti della terra non sono mica simpatici o fessi come Gatto Silvestro o Wile Coyote (vorrei citare anche Bersani, ma lasciamo perdere).
Non si capisce poi come il Papa ami tutti, nello stesso modo, ricchi e poveri: Gesù almeno lanciava minacce e maledizioni ai ricchi (Luca, 6, 24-26):
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.
Perché a Papa Francesco non è venuto in mente di citare, appunto, tali versetti? Sarebbero apparsi troppo “satanici” per gli ambasciatori?
Il Papa esorta inoltre...
i dirigenti delle realtà finanziarie a prendere in considerazione l’etica e la solidarietà. E perché non potrebbero rivolgersi a Dio per ispirare i propri disegni? Si formerà allora una nuova mentalità politica ed economica che contribuirà a trasformare la dicotomia assoluta tra la sfera economica e quella sociale in una sana convivenza
...ma si sbaglia: infatti, chi muove l'economia del mondo da sempre ha gli occhi puntati verso Dio: al Dio di tutte quelle confessioni che garantiscono ai poveri affamati il riscatto nell'aldilà; in fondo, a stare bene in pochi in questo cazzo di mondo, rende gremite le tribune del paradiso. In altri termini: i ricchi hanno il grande pregio di produrre caterve di beati: concentrando la ricchezza in poche mani, si apre una platea enorme di diseredati che hanno fame e sete di giustizia, sì, ma che le troveranno non certo in questo mondo, ma in quello di là a venire, dopo la morte.
Tale logica mi fa anche comprendere come mai il Papa ami anche i ricchi; sono loro i veri angeli del Signore: una minoranza che si danna l'anima per salvarla ai più.
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