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«La
dissoluzione di tutti i prodotti e di tutte le attività in valori di
scambio presuppone sia la dissoluzione di tutti i rigidi rapporti di
dipendenza personali (storici) nella produzione, sia l'universale
dipendenza reciproca dei produttori. Non solo la produzione di tutti
gli altri, ma [anche] la trasformazione del suo prodotto in mezzi di
sussistenza per lui stesso è venuta a dipendere dal consumo di tutti
gli altri. I prezzi sono antichi, e lo è anche lo scambio; ma sia la
determinazione sempre crescente degli uni da parte dei costi di
produzione, sia l'affermazione dell'altro su tutti i rapporti di
produzione, sono compiutamente sviluppati, e si sviluppano sempre più
compiutamente, solo nella società borghese, nella società della
libera concorrenza. Ciò che Adam Smith, in pieno accordo con le
concezioni dominanti nel XVIII secolo, colloca nel periodo
preistorico e fa precedere alla storia, ne è piuttosto il prodotto.
Questa
dipendenza reciproca si esprime nella costante necessità dello
scambio e nel valore di scambio come mediatore universale. Gli
economisti lo esprimono così: ognuno persegue il proprio interesse
privato e soltanto il proprio interesse privato; ciò facendo,
involontariamente e inconsapevolmente serve gli interessi privati di
tutti, gli interessi generali. Il punto saliente di questa
affermazione non sta nel fatto che perseguendo ognuno il proprio
interesse privato, si realizza la totalità degli interessi privati e
dunque l'interesse generale. Da questa frase astratta si potrebbe
dedurre piuttosto che ognuno impedisce reciprocamente agli altri di
far valere i propri interessi, e che da questo bellum omnium
contra omnes risulta anzi una negazione generale. Il punto sta
piuttosto nel fatto che l'interesse privato stesso è già un
interesse socialmente determinato e può venir raggiunto solo
all'interno delle condizioni e di questi mezzi. È sì l'interesse
dei privati; ma il suo contenuto, come la forma e i mezzi della sua
realizzazione, sono dati da condizioni sociali indipendenti da tutti.
La
dipendenza reciproca e universale degli individui indifferenti gli
uni agli altri costituisce la loro connessione sociale. Questa
connessione sociale è espressa nel valore
di scambio,
ed è soltanto in esso che per ogni individuo la propria attività o
il proprio prodotto diviene infine un'attività e un prodotto per
esso; l'individuo deve produrre un prodotto universale – il valore
di scambio –
o, se lo si considera per sé isolatamente e individualizzato,
denaro.
D'altro canto il potere che ogni individuo esercita sull'attività
degli altri o sulle ricchezze sociali, esiste in esso in quanto
possessore di valori
di scambio,
di denaro.
Esso
porta con sé, in tasca, il proprio potere sociale, così come la sua
connessione con la società. L'attività, quale che sia la sua forma
fenomenica individuale, e il prodotto dell'attività, quale che sia
la sua natura particolare, è il valore
di scambio,
ossia un'entità universale in cui ogni individualità, particolarità
è negata e cancellata. Questa è effettivamente una situazione molto
diversa da quella in cui l'individuo, o l'individuo naturalmente o
storicamente ampliatosi in famiglia, in tribù (più tardi in
comunità), si riproduce direttamente su basi naturali, o in cui la
sua attività produttiva e la sua partecipazione alla produzione
vengono ad esser assegnate secondo una determinata forma del lavoro e
del prodotto, e il suo rapporto con altri è appunto così
determinato».
Karl
Marx, Grundrisse, edizione
Einaudi, “Il capitolo del denaro”,
Quaderno I, paragrafi 74-75.
Cioè, io leggo pagine così e, spontaneamente, le getto come vestiti sulla realtà che li indossa incredibilmente bene, meglio che guanti, di più: come fossero una nuova pelle.
È per questo che non la si vede e non la si sente addosso?
Come non accorgersi che mai come oggi ogni connessione sociale è espressa nel valore di scambio?
E se i proletari non hanno un cazzo altro da scambiare che la propria forza lavoro come aricazzo fanno a campare se, per vari motivi, non gliela compra più nessuno? Coi risparmi che si sono fatti, col mutuo che hanno contratto per comprare la casa e che li fa sentire tanto proprietari e borghesi come se avessero un piede a terra a Porto Cervo?
Com'è il mantra liberista? Ognuno persegua il proprio interesse privato! Che frase passepartout, vero? Peccato che quel fabbro ferraio di Marx abbia scoperto il marchingegno:
«l'interesse privato stesso è già un interesse socialmente determinato e può venir raggiunto solo all'interno delle condizioni e di questi mezzi. È sì l'interesse dei privati; ma il suo contenuto, come la forma e i mezzi della sua realizzazione, sono dati da condizioni sociali indipendenti da tutti»
Vale a dire - se ho capito bene e se ho capito male ditemelo, grazie - ogni individuo persegue un interesse privato determinato dalle condizioni sociali in cui esso si trova, ed è chiaro che tali condizioni sono a lui indipendenti, quale che sia la sua condizione o di capitalista o di proletario.
In buona sostanza: l'interesse privato che il capitalista persegue cozza logicamente con quello del proletario - ed è per ciò stesso che uno sfrutta e che uno sia sfruttato. Che uno si confermi nella sua ricchezza e l'altro precipiti nella povertà.
Che bel giochino: si chiama interesse privato ed ognuno è libero perseguirlo, il persecutore e il perseguitato.
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