Da un po' di tempo a questa parte mi piace riscrivere Marx. Questo perché, leggendolo, m'imbatto in passi che mi sembrano sorgenti di acqua calda, benefica, che mi viene spontaneo rimettere in circolo (la circonferenza di una cruna di un ago) ché altri ci possano mettere i piedi e la mente e provare ristoro - come provo io - o irritazione - come proveranno coloro che hanno Marx a noia.
« Quanto
più la produzione si configura in modo tale che ogni produttore
viene a dipendere dal valore di scambio della sua merce, ossia quanto
più il prodotto diviene realmente valore di scambio, e il valore di
scambio diviene oggetto immediato della produzione, tanto più devono svilupparsi dei rapporti
di
denaro
e le contraddizioni che sono immanenti al rapporto
di denaro,
al rapporto del prodotto con se stesso in quanto denaro. L'esigenza
dello scambio e la trasformazione del prodotto in puro valore di
scambio procedono di pari passo con la divisione del lavoro, vale a
dire con il carattere sociale della produzione. Ma nella stessa
misura in cui quest'ultimo si sviluppa, si sviluppa il potere del
denaro,
il rapporto di scambio si afferma cioè come potenza esterna ai
produttori e da essi indipendente. Ciò che originariamente appariva
come un mezzo per promuovere la produzione, diviene un rapporto
estraneo ai produttori. Nella stessa misura in cui i produttori
vengono a dipendere dallo scambio, lo scambio sembra divenire
indipendente da essi, e sembra crescere il baratro tra il prodotto in
quanto prodotto e il prodotto in quanto valore di scambio. Non è il
denaro che genera queste antitesi e contraddizioni; è invece lo
sviluppo di queste contraddizioni e antitesi che genera la potenza
apparentemente trascendentale del denaro. »
Karl Marx, Grundrisse,
Quaderno I, “Il
capitolo del denaro”, 64-37,
65-11.
Edizione Einaudi.
Il brano testé ricopiato, oltre a spiegare le ragioni di fondo della sovrapproduzione fa, conseguentemente, intuire il perché del puttanaio economico che stiamo vivendo, ivi compresa la spaventosa produzione di spazzatura.
Riguardo a quest'ultima, credo che la responsabilità del singolo abbia un certo peso - eziandio ben calcolato dai sostenitori della decrescita felice - sulla produzione esponenziale di rifiuti; nondimeno, è ovvio che la responsabilità individuale, pur grande che sia, è e sarà sempre poca cosa di fronte alla responsabilità di un sistema economico strutturalmente irriformabile in cui ogni produttore dipende dal valore di scambio.
Ciò detto, seppur senza entusiasmo, continuerò a fare raccolta differenziata, anche se in un certo qual modo avverto che le discariche a cielo aperto e cielo chiuso hanno, in sé, qualcosa di rivoluzionario.
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