La sera è sempre tardi per stare a riflettere sul proprio destino, pensò un signore vestito di tutto punto e di poca virgola. È già molto se mi concentro sull'intestino e il suo transito, continuò il signore premendo otto polpastrelli sulla sua pancia indurita.
Ma la sera era tiepida e un fresco vento leggero si era alzato dal corridoio di nord-ovest. Il signore avrebbe voluto continuare a parlare ai commensali, i quali, però, avevano ceduto l'attenzione ciascuno al proprio vicino, per conversazioni più riservate e meno ultimative. Il signore ha notato, infatti, che quando si parla a una platea più ampia l'obiettivo è essere persuasivi almeno quanto basta per farsi dare ragione. È bello avere ragione quando si parla, pensa il signore, anche se, a pensarci bene, il risultato ottenuto lascia sempre un velo d'amarezza, ti mette spalle al muro faccia agli astanti che la ragione sì te l'hanno data, ma per isolarti, per farti uscire dal contesto, per buttarti fuori dal gruppo che continua a parlare tra di sé escludendoti.
Avere ragione è una rappresentazione teatrale in cui tu sei protagonista e ti prendi tutti gli applausi del pubblico; ma dopo, a sipario abbassato, non è al camerino della ragione che verranno regalati fiori.
Il signore si ripromise per l'ennesima volta che, la prossima, sarebbe stato zitto o avrebbe sostenuto una posizione indifendibile così, molto probabilmente, sarebbe riuscito a parlare veramente con qualcuno; e ad ascoltarlo, altresì. Non aveva più voglia di tornare a casa, solo, con la ragione accanto, fredda, insensibile, persino respingente.
Finalmente, per una volta, non avrebbe dormito con il sonno della ragione e, al risveglio, guardandosi allo specchio, non si sarebbe sentito un mostro.
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