Fatico, anzi: rinuncio a trovare parole per descrivere lo sfacelo dell'Italia faccia al faccia ammerda: è un esercizio vano, l'ho fatto troppe volte, più o meno da un ventennio, da quando - mi ricordo - egli uscì con l'endorsement per Fini candidato sindaco a Roma, tacciando quelli che votavano a sinistra come “nipotini di Stalin”. A un comizio, l'unico in vita mia che feci per delle municipali, dal palco gli risposi inutilmente che io, porco del suo dio, in camera avevo attaccato due poster, uno di Marilyn Monroe con le calze a rete e l'altro di Paolo Conte, venisse a vedere il culo flaccido, ma niente, non convinsi nessuno; lui, invece, di lì a poco ne convinse milioni.
Non serve a un cazzo dire “ma come si fa?”, “ma non è possibile”, “ma non esiste”, “nessun paese al mondo” eccetera. Basta. Il paese al mondo esiste e ci è toccato in sorte nascerci, viverci, parlare la stessa lingua che dice babbo, mamma e testadicazzo.
Vada affanculo lui e tutta la sua famiglia, le sue televisioni, tutti i suoi amici, tutti i suoi sodali, i suoi alleati, tutti quelli che gli vogliono bene e si beano della sua faccia, del suo essere, della sua presenza, del suo stile, dei suoi soldi, della sua giustizia, del suo credo, della sua squadra, della sua assoluta eleganza, del suo prognatismo mascherato che rivela la sua insaziabilità. Basta.
Non esistono soluzioni perché rimanga solo, isolato, un appestato Edipo pronto per l'esilio. Gli resteranno attaccati ai coglioni rendendo più miserabile ancora il suo destino. Non diventerà mai un eroe né tragico né comico perché la zavorra di leccapiedi, che lo circonda in adorazione inqualificabile, lo definisce e inchioda alla croce dell'ignominia. E questo perché, da tanto tempo ormai, non ha più una guida o un modello da seguire, ma si è ridotto ad adorare sé, a glorificarsi, a guardarsi continuamente allo specchio, ma lo specchio delle sue brame gli nasconde da tempo la verità.
« Elige itaque Catonem; si hic tibi videtur nimis rigidus, elige remissioris animi virum Laelium. Elige eum cuius tibi placuit et vita et oratio et ipse animum ante se ferens vultus; illum tibi semper ostende vel custodem vel exemplum. Opus est, inquam, aliquo ad quem mores nostri se ipsi exigant: nisi ad regulam prava non corriges» Seneca, Lettere a Lucilio, 11, 10.
Nessun commento:
Posta un commento