«L'utilità di una cosa ne fa un valore d'uso. Ma questa utilità non aleggia nell'aria [infatti]. È un portato delle qualità del corpo della merce e non esiste senza di esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso, come il ferro, il grano, il diamante, [il legno], ecc., è quindi un valore d'uso, ossia un bene. Questo suo carattere non dipende dal fatto che l'appropriazione delle sue qualità utili costi all'uomo molto o poco lavoro. Quando si considerano i valori d'uso si presuppone che siano determinati quantitativamente [come x quintali di legna] [...] Il valore d'uso si realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo. I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza, qualunque sia la forma sociale di questa». Karl Marx, Il Capitale, Libro Primo, Capitolo Primo, “La merce”.
Oggi ho fatto un po' la formica, mezza giornata di lavoro in vista dei freddi autunnali, invernali e primaverili. Giacché, visto l'andazzo, con stocazzo di effetto serra che ha rivoltato il clima come un calzino, la scorsa stagione ho acceso le stufe da settembre ai primi di giugno, e quindi.
Sì, un po' di fatica, ma certo non come la popolazione di Kuwait City, sceicchi compresi.
8 commenti:
Sino a una decina d'anni fa la mia casa veniva riscaldata da due stufe a legna bellissime. E scomodissime.
Ora ci sono caloriferi e caldaia a gas e tanta nostalgia del calore più calore delle stufe a legna.
Non erano male neppure le campagne di rifornimento della legna: arrivava già tagliata di misura, ma movimentare 40 q teneva impegnati noi e amici per una giornata.
https://www.youtube.com/watch?v=qCRae5mRoRE
Stanotte dormirai come un bebè :)
Già, il calore delle stufe a legna è davvero particolare, è presenza avvolgente. Ok, più polvere, cenere, lavoro di accensione e mantenimento, alimentazione, ecc.
e grazie dei mitici B&B versione country. :)
ho un problema con l'inferenza da valore d'uso a "valore d'uso già presente": una mazza da baseball non ha il valore d'uso che ha il ciocco di legno (o dell'alluminio, o della lega metallica, o della plastica per le mazze finte da carnevale...) da cui è ricavata.
il valore d'uso è solo valore d'uso e dipende solo dall'uso. c'è anche nella stessa citazione. ma se è solo valore d'uso, non si può chiamare "valore d'uso" la somma di qualità di un qualcosa prima. il corpo della merce non si può chiamare valore d'uso.
peraltro, il valore d'uso non ha relazione con la quantità o la qualità di lavoro che ci va messa dentro per creare quell'oggetto, ma solo appunto con l'uso che se ne vuole fare dopo: ma il "cosa ne voglio fare" non è una relazione di quantità. per esempio i beni voluttuari hanno un valore qualitativo, o un libro ha un valore d'uso non quantitativo (a meno che qualcuno non pretenda di essere tenuto in considerazione perché ha letto 100000 libri e quindi ha più diritti di altri e capisce meglio il mondo...). un regalo ha un valore (d'uso!) non quantitativo.
Ahimè! Non so risolvere il tuo problema se non, banalmente, dicendo che il valore d'uso già presente è quello di un qualcosa che non contiene lavoro umano.
Io vendo per campare.
Premesso questo sono sicuro che: qualcosa, qualunque cosa, vale quel che sei disposto a pagarla e lo sei in funzione del quanto ti serve o del quanto appaga i tuoi sensi fratto quanto hai in tasca. Sei la tua necessità e il mio interesse si incontrano avviene la vendita, io sono soddisfatto di aver realizzato la mia abilità e tu di portare via qualcosa che forse userai, nel caso in cui avrai acquistato qualcosa di diverso da pane, utensile, carta igienica avremo dei problemi a stabilire un valore, marxianamente parlando, all'oggetto.
Ah! Vendo biancheria, roba che si usa e più volte della legna.
Ciao Luca
Ciao Giovanni, non posso per ora che rimandarti al Capitolo 3 del primo libro de Il Capitale perché lo sto rileggendo in questi giorni piano piano e ancora mi sento insicuro nel padroneggiare tal materia
ok, per marx il valore d'uso già presente è quello che non contiene lavoro umano.
per esempio, il ciocco di legno prima di diventare mazza da baseball.
ma quello non è valore d'uso. non lo può chiamare valore d'uso, perché è solo l'uso che se ne fa che determina il valore d'uso. quel ciocco di legno potrebbe diventare una mazza, ma sarebbe solo la mazza ad avere valore d'uso - che è, come dice Giovanni, quello che io sono disposto a pagare per quella mazza da baseball dati alcuni miei obiettivi ("battere il record di homerun") - ovvero il valore d'uso è il valore che io attribuisco a qualcosa in base a quanto risponde alle mie esigenze (e poi c'è il vdu aggregato ma è un altro discorso).
se non c'è un progetto sull'uso, non esiste il valore. il valore non sta nella materia.
altro esempio: un grosso sasso. pura materia. può acquisire valore d'uso in base al fatto che io lo usi per appendermelo al collo per aiutarmi ad affogarmi, oppure come proiettile per catapulta. sono due valori d'uso diversi, ma non dipendono dal sasso: al posto del sasso posso usare qualsiasi cosa abbia le stesse qualità di durezza e peso/massa (un'incudine, un'automobile, un bidone di scorie radioattive, un cadavere di mucca - avrebbero tutti lo stesso valore d'uso)
Benissimo, Alex e - credo - quello che dici troverebbe d'accordo anche Marx. Il punto è che i vari valori d'uso dei vari oggetti (o merci) entrano nel processo produttivo per soddisfare in primis i vari bisogni umani. È quando ho soddisfatto il mio valore d'uso di un determinato oggetto che mi dico: "e ora di questo sovrappiù che cosa me ne fo"? In altri termini: la legna che ho fatto ("prodotto") la uso io, ma se mi avanzasse potrei optare per due soluzioni: o barattarla con altro oggetto d'uso specifico, oppure venderla per avere "denaro" che mi consente di comprare cosa mi pare oppure "trattenerlo" come equivalente universale del valore. E tra il barattare tout court e il fare denaro che il concetto di valore va (per quel che ho capito) modificandosi (p.s. sono al cap. 3 «Il denaro ossia la circolazione delle merci»)
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