L'occasione fa l'uomo stupido e io, oggi, stupido lo sono stato due volte.
Una nel leggere.
L'altra nel capire cosa avevo appena letto. Stupido doppiamente.
«L'Europa in-secura, opera proprio sempre in forza di tale in-securetas, questa Europa che mai è sembrata avere sede certa, attorno a un linguaggio si è tuttavia costruita o, meglio, a un suo “originario fenomeno”. Possiamo chiamarlo “filosofia”. Non si tratta di contenuti determinati, tantomeno di astratti sistemi, ma di un atteggiamento complessivo che informa di sé tutta la nostra immagine del mondo, che determina una idea di vita: la possibilità che, al limite, essa possa essere condotta sulla base di norme razionali: che, proprio a tal fine, cultura e scienza debbano poter procedere autonomamente, ovverosia incondizionatamente, per potersi così esprimere in tutta la loro intrinseca potenza; che la libertà che in questa attività si incarna sia possesso del soggetto che opera, e che operando fa la propria storia, di noi, i Soggetti.».
Tuttavia, a volte, la stupidità chiama a soccorso l'intelligenza profonda delle cose. Ci si dimentica spesso che quello che ha fatto l'Europa, ciò che ha fatto, compiuto l'idea di vita dell'Occidente (America compresa, quindi), è, molto semplicemente, la borghesia:
«La
borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria.
Dove
ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le
condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato
spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo
al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro
vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in
contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i
sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco,
della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel
valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e
onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio
priva di scrupoli. In una parola: ha messo lo sfruttamento aperto,
spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato di
illusioni religiose e politiche.
La
borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino
allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il
medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo della scienza, in
salariati ai suoi stipendi.
La
borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto
familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro.
La
borghesia ha svelato come la brutale manifestazione di forza che la
reazione ammira tanto nel medioevo, avesse la sua appropriata
integrazione nella più pigra infingardaggine. Solo la borghesia ha
dimostrato che cosa possa compiere l'attività dell'uomo. Essa ha
compiuto ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, acquedotti
romani e cattedrali gotiche, ha portato a termine ben altre
spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate.
La
borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli
strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i
rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi
industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio
sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione,
l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali,
l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei
borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i
rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di
concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi
invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che
vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosa sacra, e
gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio
disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti.
Il
bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti
sospinge la borghesia a percorrere tutto il globo terrestre.
Dappertutto deve annidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi,
dappertutto deve creare relazioni.
Con
lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un'impronta
cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto
di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale, con gran
rammarico dei reazionari. Le antichissime industrie nazionali sono
state distrutte, e ancora adesso vengono distrutte ogni giorno.
Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa
questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili, da
industrie che non lavorano più soltanto le materie prime del luogo,
ma delle zone più remote, e i cui prodotti non vengono consumati
solo dal paese stesso, ma anche in tutte le parti del mondo. Ai
vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano
bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei
paesi e dei climi più lontani. All'antica autosufficienza e
all'antico isolamento locali e nazionali subentra uno scambio
universale, una interdipendenza universale fra le nazioni. E come per
la produzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti
intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune.
L'unilateralità e la ristrettezza nazionali divengono sempre più
impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma
una letteratura mondiale.
Con
il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le
comunicazioni infinitamente agevolate, la borghesia trascina nella
civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I bassi prezzi
delle sue merci sono l'artiglieria pesante con la quale spiana tutte
le muraglie cinesi, con la quale costringe alla capitolazione la più
tenace xenofobia dei barbari. Costringe tutte le nazioni ad adottare
il sistema di produzione della borghesia, se non vogliono andare in
rovina, le costringe ad introdurre in casa loro la cosiddetta
civiltà, cioè a diventare borghesi. In una parola: essa si crea un
mondo a propria immagine e somiglianza.
La
borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha
creato città enormi, ha accresciuto su grande scala la cifra della
popolazione urbana in confronto di quella rurale, strappando in tal
modo una parte notevole della popolazione all'idiotismo della vita
rurale. Come ha reso la campagna dipendente dalla città, la
borghesia ha reso i paesi barbari e semibarbari dipendenti da quelli
inciviliti, i popoli di contadini da quelli di borghesi, l'Oriente
dall'Occidente.
La
borghesia elimina sempre più la dispersione dei mezzi di produzione,
della proprietà e della popolazione. Ha agglomerato la popolazione,
ha centralizzato i mezzi di produzione, e ha concentrato in poche
mani la proprietà. Ne è stata conseguenza necessaria la
centralizzazione politica. Province indipendenti, legate quasi solo
da vincoli federali, con interessi, leggi, governi e dazi differenti,
vennero strette in una sola nazione, sotto un solo governo, una sola
legge, un solo interesse nazionale di classe, entro una sola barriera
doganale.
Durante
il suo dominio di classe appena secolare la borghesia ha creato forze
produttive in massa molto maggiore e più colossali che non avessero
mai fatto tutte insieme le altre generazioni del passato. Il
soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l'applicazione della
chimica all'industria e all'agricoltura, la navigazione a vapore, le
ferrovie, i telegrafi elettrici, il dissodamento d'interi continenti,
la navigabilità dei fiumi, popolazioni intere sorte quasi per
incanto dal suolo -quale dei secoli antecedenti immaginava che nel
grembo del lavoro sociale stessero sopite tali forze produttive?
Ma
abbiamo visto che i mezzi di produzione e di scambio sulla cui base
si era venuta costituendo la borghesia erano stati prodotti entro la
società feudale. A un certo grado dello sviluppo di quei mezzi di
produzione e di scambio, le condizioni nelle quali la società
feudale produceva e scambiava, l'organizzazione feudale
dell'agricoltura e della manifattura, in una parola i rapporti
feudali della proprietà, non corrisposero più alle forze produttive
ormai sviluppate. Essi inceppavano la produzione invece di
promuoverla. Si trasformarono in altrettante catene. Dovevano essere
spezzate e furono spezzate.
Ad
esse subentrò la libera concorrenza con la confacente costituzione
sociale e politica, con il dominio economico e politico della classe
dei borghesi.
Sotto
i nostri occhi si svolge un moto analogo. I rapporti borghesi di
produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la
società borghese moderna che ha creato per incanto mezzi di
produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non
riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. Sono
decenni ormai che la storia dell'industria e del commercio è
soltanto storia della rivolta delle forze produttive moderne contro i
rapporti moderni della produzione, cioè contro i rapporti di
proprietà che costituiscono le condizioni di esistenza della
borghesia e del suo dominio. Basti ricordare le crisi commerciali che
col loro periodico ritorno mettono in forse sempre più
minacciosamente l'esistenza di tutta la società borghese.
Nelle
crisi commerciali viene regolarmente distrutta non solo una parte dei
prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delle forze produttive
già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte le
epoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l'epidemia della
sovraproduzione. La società si trova all'improvviso ricondotta a uno
stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra
generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di
sussistenza; l'industria, il commercio sembrano distrutti. E perché?
Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di
sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive
che sono a sua disposizione non servono più a promuovere la civiltà
borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute
troppo potenti per quei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena
superano questo ostacolo mettono in disordine tutta la società
borghese, mettono in pericolo l'esistenza della proprietà borghese.
I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere
la ricchezza da essi stessi prodotta. -Con quale mezzo la borghesia
supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa
di forze produttive; dall'altro, con la conquista di nuovi mercati e
con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi?
Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la
diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse.» K. Marx, F. Engels, Il Manifesto del partito comunista “Borghesi e proletari”.
Cultura e scienza non sono autonome, bensì ancelle di una particolare ideologia dominante, e la loro intrinseca potenza - salvo rare eccezioni - si estrinseca soltanto secondo certi particolari interessi di classe. Scienza e cultura, dunque, sono libere sino a un certo punto e non certo per tutti, ma soltanto per determinati Soggetti.
Tra questi vi è senz'altro Massimo Cacciari che nella sua carriera politica e intellettuale ha prestato buon servizio alla classe dominante (compresa quella dei preti).
È inutile citare Marx come un vezzo, senza dargli la parola, una parola viva, che toglie il velo delle complicazioni ideologiche che giustificano l'asservimento del pensiero razionale a certi particolari fini.
1 commento:
se mi permetti, una piccola chiosa: questo brano appartiene al famoso pamphlet propagandistico scritto da Marx quando non aveva ancora trent'anni, vale a dire quasi 170 anni or sono !! e a rileggerlo oggi conserva tutta la sua potenza e attualità.
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