A volte, parlando o scrivendo, ho come la sensazione di rosolarmi da tutte le parti, sì da trattenere quello che voglio veramente.
Cosa vuoi veramente?
Non lo so, cioè lo so, potrei dirlo - e l'ho detto: ma dicendolo temo che il succo della cosa voluta (desiderata) resti dentro, in attesa, inespresso.
Quindi il parlare e lo scrivere è solo una fase della cottura.
Più che altro, il rosolarsi e il sigillarsi (il parlare e lo scrivere) serve a non far seccare l'anima e renderla dura immangiabile, perché - attenzione sentenzio - si viene cotti comunque dalla vita, tanto vale farlo con cura.
Ma una volta cotto, vuoi che ti si mangi anche l'anima?
Reggimi l'anima coi denti.
Ma se è un soffio!
Può darsi e, se lo è, oggi si è lasciata avvolgere dal suono di una voce.
Quale voce?
Una voce [che] è quest'anima diffusa*.
Soffiava vento, era freddino e - è stato convenuto - mancava solo il mare.
Mare che è stato raccontato, coi suoi rari raggi verdi, anche se non è esattamente la stessa cosa.
Anche quel golf leggero non era esattamente la stessa cosa.
Mi riscalda ancora.
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