Pochi anni fa, ho avuto il privilegio (onere e onore) di man-tenere una rubrica settimanale (tag: I piedi a terra) su Giornalettismo, a titolo completamente gratuito, ove esprimevo, commentavo, raccontavo qualcosa di inerente gli avvenimenti che schiumavano sulla broda mediatica della settimana.
Smisi per varie ragioni, la principale è perché mi faceva fatica sostenere tal obbligo espressivo settimanale, dover comporre con cura un articolo coerente (un principio, uno sviluppo, una chiusa), e poi perché non sempre, non su tutto potevo (posso) aver qualcosa da dire, trovare parole giuste, agganci e appoggi para intellettuali, eccetera (qui sono libero di scrivere eccetera senza onta, anche lasciando a mezzo i discorsi).
Vero è che grazie a tale rubrica ho ampliato la mia platea (oddio che brutta espressione, la cambio) - ho avuto modo di raggiungere un pubblico più ampio e variegato, persone che poi - bontà loro - hanno continuato a leggermi anche qui.
E tuttavia non mi pento della mia scelta, perché so che prima o poi avrei dovuto occuparmi anch'io di qualcosa del genere, scrivendo magari le stesse parole qui sotto di Christian Raimo che, se le avessi scritte, dopo, mi sarei preso a schiaffi da solo.
«Non c’è nemmeno bisogno di citare René Girard e la sua psicologia delle folle (i suoi capri espiatori, la sua violenza mimetica) per provare a commentare la narrazione tossica che ha avuto il suo incipit sabato 3 maggio con le notizie degli scontri vicino l’Olimpico ed è proseguita con la telecronaca Rai della contrattazione tifosi-giocatori-polizia dentro lo stadio e poi ha ingrossato la fiumana di indignazione nazionale contro gli ultras e l’incarnazione iconica espressa da Genny ‘a Carogna.»
L'unica giustificazione per scrivere un articolo così è che, forse (supposizione assolutamente non maligna), l'autore è pagato, anche poco, per scrivere una roba così - ed ha un “dovere” settimanale di mantenimento sua rubrica.
Per il resto, maremma schifosa, come cazzo si fa a scrivere «narrazione tossica», oppure «ha ingrossato la fiumana di indignazione nazionale» oppure (il colpo più basso), «l'incarnazione iconica»?
La libertà del blog, anche se a volte, come spesso capita, come ora per ora per esempio, non ho niente da dire, è quella di permettermi il lusso di evitare simili nefandezze espressive. E senza avere bisogno di citare qualcuno per dire che non si ha bisogno di citarlo.
2 commenti:
apparte che la platea - per (ma anche no) dire - a me me piace, invece
non c'è bisogno di dire che a uno giornalettismo prima je piaceva deppiù ma nun sa(peva) perché
ma insomma certo gratis è un sacco gratis ma uno se sente più libero
eccetera.
Platea non mi dispiace come termine, solo mi stona l'«ampliarla».
Inoltre è vero che uno si sente più libero, eccetera.
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