venerdì 30 gennaio 2009

Una tua parola su tutto questo



Sua Santità, mi posso permettere di consigliarLe questa (ri)lettura?

30 aprile 1944.

La questione paolina, se la
περιτομή [circoncisione] sia condizione della giustificazione, oggi secondo me equivale a chiedersi se la religione sia condizione della salvezza. La libertà dalla περιτομή è anche libertà dalla religione. Spesso mi chiedo perché un «istinto cristiano» mi spinga frequentemente verso le persone non-religiose piuttosto che verso quelle religiose, e ciò assolutamente non con l’intenzione di fare il missionario, ma potrei quasi dire «fraternamente». Mentre davanti alle persone religiose spesso mi vergogno a nominare il nome di Dio - perché in codesta situazione mi pare che esso suoni in qualche modo falso, e io stesso mi sento un po’ insincero (particolarmente brutto è quando gli altri cominciano a parlare in termini religiosi; allora ammutolisco quasi del tutto, e la faccenda diventa per me in certo modo soffocante e sgradevole) - davanti alle persone non-religiose in certe occasioni posso nominare Dio in piena tranquillità e come se fosse una cosa ovvia. Le persone religiose parlano di Dio quando la conoscenza umana (qualche volta per pigrizia mentale) è arrivata alla fine o quando le forze umane vengono a mancare - e in effetti quello che chiamano in campo è sempre il deus ex machina, come soluzione fittizia a problemi insolubili, oppure come forza davanti al fallimento umano; sempre dunque sfruttando la debolezza umana o di fronte ai limiti umani; questo inevitabilmente riesce sempre e soltanto finché gli uomini con le loro proprie forze non spingono i limiti un po’ più avanti, e il Dio inteso come deus ex machina non diventa superfluo; per me il discorso sui limiti umani è diventato assolutamente problematico (sono oggi ancora autentici limiti la morte, che gli uomini quasi non temono più, e il peccato, che gli uomini quasi non comprendono?); mi sembra sempre come se volessimo soltanto timorosamente salvare un po’ di spazio per Dio; - io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo. Raggiunti i limiti, mi pare meglio tacere e lasciare irrisolto l’irrisolvibile. La fede nella resurrezione non è la «soluzione» del problema della morte. L’«aldilà» di Dio non è l’aldilà delle capacità della nostra conoscenza! La trascendenza gnoseologica non ha nulla che fare con la trascendenza di Dio. È al centro della nostra vita che Dio è aldilà. La chiesa non sta lì dove vengono meno le capacità umane, ai limiti, ma sta al centro del villaggio. Così stanno le cose secondo l’Antico Testamento, e noi leggiamo il Nuovo Testamento ancora troppo poco a partire dall’Antico. Attualmente sto riflettendo molto su quale aspetto abbia questo cristianesimo non-religioso, e quale forma esso assuma; te ne scriverò presto ancora e più a lungo. Forse a questo proposito a noi che ci troviamo al centro tra est ed ovest tocca un compito importante. Adesso devo veramente chiudere. Come sarebbe bello sentire finalmente una tua parola su tutto questo. Per me significherebbe molto, più di quanto presumibilmente tu possa valutare. Leggi eventualmente Prov. 22,11.127*. Vi trovi un argine contro qualsiasi fuga camuffata da atteggiamenti pii.

Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa: lettere e appunti dal carcere.

*Il Signore ama chi è puro di cuore
e chi ha la grazia sulle labbra è amico del re.
Gli occhi del Signore proteggono la scienza
ed egli confonde le parole del perfido
.



P.S.
Per far prima ho tratto questa traduzione trovata per caso qui, che mi sembra abbastanza aderente a quella di Sergio Bologna pubblicata da Bompiani nel 1969.