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«Si sente sempre ripetere l'osservazione che la filosofia non farebbe mai un vero progresso, che ancora ci occupiamo degli stessi problemi filosofici di cui già si occupavano i greci. Chi dice questo però non capisce la ragione per cui così deve essere. La ragione è dunque che il nostro linguaggio è rimasto lo stesso e ci seduce sempre di nuovo verso gli stessi interrogativi. Finché vi sarà un verbo “essere” che sembra funzionare come “mangiare” e “bere”, finché vi saranno aggettivi come “identico”, “vero”, “falso”, “possibile”, finché si continuerà a parlare di uno scorrere del tempo e di un estendersi dello spazio, ecc., ecc, sino allora gli uomini si arresteranno sempre di nuovo di fronte alle stesso enigmatiche difficoltà e continueranno a guardare fisso qualcosa che nessuna spiegazione sembra poter eliminare. E questo soddisfa del resto una sentita aspirazione al trascendente, perché, credendo di vedere i “limiti dell'intelletto umano”, essi credono naturalmente di poter vedere al di là di esso».
Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi, Milano 1980 (pag. 38)
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