sabato 1 agosto 2009

La virtù del nulla




«[...]
quale ti sembra il compito della ragione? Dove vedi, per l'uomo d'oggi, un impegno possibile - al di là di ogni immediata necessità o convenienza?

«La ragione dovrebbe illuminare continuamente tutto, dovrebbe illuminare il disordine e il dolore. C'è molto dolore, nel mondo, ce n'è più che in tutti i tempi, perché l'irreale - il non conosciuto - è assai più profondo. Mille ragioni, di Stato o pratiche, vi si oppongono. Non per malvagità, ma perché a quelle condizioni, che mantengono il disordine, su cui cresce il dolore, sono legati innumerevoli interessi, anche di cultura, o vecchia cultura; quindi di autorità. Quando, per esempio, dài il mondo come spiegato - per così dire: naturale - ci edifichi sopra le cose degli uomini. Quando lo dài come inspiegabile, cioè innaturale, e lo definisci come visione del fuggevole, ci edifichi l'uomo. Non è una differenza da poco. Edificare l'uomo è gratuito. Edificare le cose (dell'uomo e sull'uomo) porta compensi molto alti, non solo economici. Ma perde l'uomo.

C'è qualcosa che detesti particolarmente, nel mondo moderno?

Non so se la detesto, perché è molto imponente, e si può appena osservare: la virtù del nulla. Più una cosa è nulla, o male addirittura, più vanificante o vanificata, più viene accettata e celebrata. Sembra uno scherzo, dapprima: poi, a poco a poco, ti convinci che è una realtà (sebbene dell'irreale, cioè del nulla). Ma questo gran giocare e inchinarsi delle società moderne intorno a uomini da nulla, opere da nulla, cose del nulla [...], questa cosa ti tiene desti: come un incanto, un prodigio»

Anna Maria Ortese, Corpo celeste, Adelphi, Milano 1997 (pag. 103-4)

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