venerdì 30 dicembre 2011

La fatica del sole

Riflessioni ai margini della fine di un anniversario
Denaro ritrovato nel Titanic

Stamattina il sole ha fatto più fatica di me a levarsi, distendendo stancamente i suoi raggi all'orizzonte (come braccia che si stirano), lo sbadiglio di un debole vento.
In questo limbo di giorni che non sanno di una sega, dove la politica aspetta i saldi come piccoli consumatori in fuga, non capisci se tutto quello che ti circonda abbia una valenza, oppure no.
L'inverno sospende la vita vegetale, la fa “andare il letargo”. Noi, invece, che non possiamo mai fermarci per imitare i gesti lenti delle piante, siamo condannati al movimento, alla mutazione in atto provocata dall'urgenza – e non sappiamo mai esattamente quali pesci prendere. Solo col senno di poi diventiamo sicuri e spavaldi e ci consoliamo di aver avuto ragione.
Noi umani che siamo emersi dalla natura come un algoritmo, siamo quello che siamo perché abbiamo sviluppato (o meglio: i nostri antenati svilupparono) il sesto senso della previsione. “Fare questo provoca quello”, e se quello è cosa buona e utile abbiamo cercato di ripetere il gesto, di affinarne la tecnica. E dato che siamo stati gli animali più “capaci” a insistere molto su questo senso della previsione in funzione della sopravvivenza, ecco il risultato: dominatori di un pianeta sperduto appartenente all'universo sterminato.
E quindi? Osservare il punto della linea del tempo ove siamo giunti e constatare che il senso della previsione degli accadimenti ha perso, di fatto, il posto di rilievo che occupava. L'umanità, insomma – fatte le dovute eccezioni di persone illuminate, ma inascoltate – se ne sbatte del futuro e vive immersa nell'orgia (chi detiene il potere) o nella pena (chi subisce il potere).
È indubbio, tuttavia – a parte la crisi attuale che sembra sconfessarlo –, che il mondo contemporaneo mostra, mediamente, un tasso di progresso, di benessere, di carità applicata, di cura e partecipazione nettamente superiori alle precedenti epoche storiche. Niente da discutere su questo, e – sia chiaro – non rimpiango alcuna arcadia. Discuto, invece e volentieri, dello sguardo rivolto verso quell'orizzonte illuminato da questo sole stanco. Uno sguardo d'uomo che diventa sempre più triste, sconsolato – come di colui che non osa chiedersi: ma è proprio così gradevole e gratificante il mondo in cui viviamo?
Chi risponde sì – com'era scritto anche in alcune domande del recente sondaggione Istat – passi pure al blog successivo.
Chi risponde no – e che credo che, purtroppo, qualcuno ci sia – ha idea di come contribuire, con la propria immaginazione prima, con la propria volontà poi, ad andare oltre gettando lo sguardo al di là dell'orizzonte? Voglio dire, per “limitarsi” all'Italia: fra centocinquant'anni chi celebreremo? Ancora e solo Garibaldi, Mazzini e Cavour, oppure verrà fuori qualche altro eroe valoroso o sapiente politico che dia impulso al miglioramento di questa nostra democrazia malata?

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