martedì 13 dicembre 2011

Un folle brodo di coltura

In molti brodi di coltura nuotano i folli coi loro gesti a stile libero, a rana, a dorso, le più volte a piombo.
Li vedi uscir di pentola o di casa (non certo di Joyce*, di Eliot o di Auden), bava alla bocca e con in testa un pensiero fisso: Io esisto, devo esistere, devo dare significato alla mia vita! E la scelta cade sul sangue, dacché esso si trova fuori a buon mercato, e poi fa tanta scena. In fondo, con esso, sono stati scritti quasi tutti i libri di storia, non sia mai che si faccia letteratura, in queste case le seghe son bandite, le mentali soprattutto. Occorre lasciare impronte nella società, far sentire la nostra presenza politica. Dobbiamo dare un indirizzo, marcare il territorio, piscia e fuggi, schizza e sfregia, non ti basta un volantino perché su centocinquanta messi solo uno lo legge per sputarci sopra. Che vuoi, oggi esistere è così difficile. Ci è mancata la forza, l'intelligenza, l'eleganza e tanta paraculaggine, per esempio, per essere in Parlamento, cazzo ci sono Storace Bossi e Ciarrapico in Parlamento e noi chi siamo? Noi siamo coloro che per esistere dobbiamo andare a Pisa a cantare lungo l'Arno noi amiamo essere figli di qualcuno, babbo torna, tagliati la barba che da bambino, quand'ero in collo a te, mi graffiavo tutto. Poveri piccini frastornati dal ricordo. Non c'è posto in questo mondo cattivo per noi che tanto desideriamo farci riconoscere per la nostra purezza adamantina. È tutto così mescolato  là fuori, così indefinito, sfuggente, labile, irriconoscibile. Non c'è ordine, non c'è precisione, tutto tende alla disidentificazione e noi tremiamo al pensare che siamo solo granelli di sabbia con un nome senza destino. Allora usciamo fuori dal brodo di coltura, gelatinosi, viscidi, con le ossa cotte e pronti per sparare, far esplodere, bruciare. Il nostro ammasso di cellule trova così pace.

[Casa Pound non c'entra nulla. Ma chissà perché penso che se uno uscisse da Casa Joyce più che sparare avrebbe voglia di masturbarsi]

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