sabato 17 dicembre 2011

Dolore è conoscenza

«Come si vorrebbero cambiare volentieri le false asserzioni dei preti, che esiste un Dio, che egli esige da noi il bene, che è vigilatore e testimone di ogni azione, di ogni attimo, di ogni pensiero, che ci ama, che in ogni sventura vuole il nostro bene: come si vorrebbe cambiarle volentieri con verità che fossero altrettanto salutari, tranquillizzanti e benefiche di quegli errori! Ma tali verità non esistono; la filosofia può opporre loro al massimo delle parvenze metafisiche (in fondo altrettanto non verità). Ma ora la tragedia è questa, che non si può credere a quei dogmi della religione e della metafisica, se si porta nel cuore e nella mente il severo metodo della verità, e d'altra parte si è divenuti attraverso l'evoluzione dell'umanità così delicati, eccitabili e sofferenti, da aver bisogno di mezzi di salute e di consolazione della più alta specie; dal che sorge quindi il pericolo che l'uomo si dissangui sulla verità conosciuta. Ciò esprime Byron in versi immortali:
Sorrow is knowledge: they who know the most

Must mourn the deepest o'er the fatl truth,

The tree of knowledge is not that of life¹.
Contro tali cure, nessun mezzo giova più dell'evocare, almeno per le ore più tristi e buie dell'anima, la solenne leggerezza di Orazio, e del dire a se stessi con lui
quid æternis minorem

consiliis animum fatigas?

Cur non sub alta vel platano vel hac
pinu jacentes²
Sicuramente comunque la leggerezza o la melanconia di ogni grado sono meglio di una fuga e di una diserzione romantiche, di un riavvicinamento al Cristianesimo in una qualsiasi forma: poiché con esso, nell'attuale stato della conoscenza, non si può più assolutamente aver a che fare senza insozzare irrimediabilmente e senza abbandonare di fronte a sé e agli altri la propria coscienza intellettuale. Quei dolori possono essere veramente penosi, ma senza dolori non si può diventare una guida e un educatore dell'umanità; e guai a colui che volesse tentare ciò e non avesse più quella pura coscienza!».

Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano, Adelphi, Milano 1979. Versione di Sossio Giametta.

¹ «Afflizione è la conoscenza: coloro che più di tutti conoscono, devono più profondamente di tutti soffrire per questa verità fatale: l'albero della conoscenza non è quello della vita». Cfr. Byron, Manfredi, I, i.
² «A che tormenti un animo troppo piccolo con disegni eterni? Perché non ci sdraiamo sotto l'alto platano o sotto questo pino?». Cfr. Orazio, Odi, II, 11, 11-14.

Credo che questa lettura nietzschiana sarebbe piaciuta a Christopher Hitchens. Forse, nonostante la bellezza dei versi, avrebbe avuto qualcosa da dire circa l'ultimo della terzina byroniana, giacché avrebbe, credo, replicato che l'albero della conoscenza è, fortissimamente è, parte dell'albero della vita.

Inoltre, mi sembra doveroso segnalare il post commovente di Giovanni Fontana e la conversazione di questi quattro brillanti signori, tra i quali ce n'è uno che fuma sorseggiando scotch.


4 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Pain is hard,
Pain is free,
Pain is knowledge,
Pain in me.
The holy fraud
Drives ‘em mad
So I’m proud
To be sad.
Pain is hard,
Pain is free,
Pain is human,
Pain is me.

Luca Massaro ha detto...

Dear Popinga, your poem is very beautiful.

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Zenkyù.

Luca Massaro ha detto...

Haikù welcome