lunedì 23 settembre 2013

Prolungamenti

«Prolungamento della giornata lavorativa oltre il punto fino al quale l'operaio avrebbe prodotto soltanto un equivalente del valore della sua forza-lavoro, e appropriazione di questo pluslavoro da parte del capitale: ecco la produzione del pluslavoro assoluto. Essa costituisce il fondamento generale del sistema capitalistico e il punto di partenza della produzione del plusvalore relativo. In questa, la giornata lavorativa è divisa da bel principio in due parti: lavoro necessario e pluslavoro. Per prolungare il pluslavoro, il lavoro necessario viene accorciato con metodi che servono a produrre in meno tempo l'equivalente del salario. Per la produzione del plusvalore assoluto si tratta soltanto della lunghezza della giornata lavorativa; la produzione del plusvalore relativo rivoluziona da cima a fondo i processi tecnici del lavoro e i raggruppamenti sociali.»

Karl Marx, Il Capitale, Libro Primo, Quinta sezione, Capitolo XIV, “Plusvalore assoluto e plusvalore relativo”, edizione Einaudi, pag. 623, traduzione di Delio Cantimori.

In fila alla cassa, alla coop, davanti a me due persone, un uomo e una donna. Riconosco l'uomo: eravamo amici quando io avevo sui quattordici, quindici anni, lui ne aveva già diciotto, ma dato che era poco “sveglio” (è?) preferiva mettersi al livello di noi ragazzotti anziché stare coi suoi coetanei che lo emarginavano e lo prendevano pesantemente in giro. Noi, più giovani, lo prendevamo per i fondelli leggermente, anche perché, insomma, poteva, se voleva, darcele di santa ragione, era grande e grosso, anche se non aveva una buzza impressionante come ora. Noi lo accettavamo, tuttavia, nel gruppo perché ci faceva comodo avere un componente che, grazie al fatto di essere maggiorenne, poteva comprarci le sigarette o i giornalini porno senza difficoltà.
Insomma, ero dietro lui e una donna, conoscente sua, credo, una discreta milf dagli occhi blu, il culo sostenuto da leggings marron, che rivelano morbide rotondità, ma di quella morbidezza che per me è fattore di accogliente benevolenza e non spigoloso attrito.
Saluto il «vecchio» amico, lui fa altrettanto e mi domanda se tutto bene, convenevoli, gli chiedo del lavoro perché sapevo che, alcuni anni or sono, una fottuta multinazionale¹ (svedese) ha mandato tutti gli operai, lui compreso, in cassa integrazione, perché essa ha trasferito la produzione altrove, e lui mi risponde che lavora alla cartiera² e fa i turni, ha da poco terminato il turno di notte.
La signora, che era ripeto tra noi due e che si vede conosce bene l'amico ma non me, gli chiede quando rientra al lavoro e lui risponde martedì. Al che io gli domando per quali motivi ha libero il lunedì e lui, anzi lei, che s'intromette, mi dice che alla cartiera lavorano anche alla domenica, lavorano sempre, tutto l'anno, tranne per Natale e Santo Stefano, perché la produzione non può essere interrotta, è a ciclo continuo. Però, faccio tra me e me, e chiedo al mio amico di quante ore sono composti i turni. Otto ore, risponde, e io gli chiedo il turno di notte da che ora a che ora e lei, al posto suo, mi dice dalle 21 alle 5 e io gli chiedo, a lui, se, nelle otto ore, è prevista una pausa, che so, di una mezz'ora o un quarto d'ora. Lui scuote la testa e lei mi risponde macché pausa tanto non si stancano mica, non ti preoccupare. Perché, dico io a lei, lavori lì anche te? No, mi risponde lei, ci lavora mio marito, va' tranquillo, fanno un lavoro che non possono stancarsi neanche a volerlo, stanno lì e controllano che i macchinari funzionino a dovere per la produzione, fanno tutto le macchine, loro sorvegliano. E occorrono otto ore di fila moltiplicate per tre per “soltanto” controllare? Non basterebbero la metà? Per carità, taglia corto lei, almeno otto ore mio marito me lo levo dalle palle di casa. Soprattutto la notte?

La mia domanda resta nel vuoto. La cassiera ha già passato la spesa del mio amico e ricevuto da lui il pagamento. Adesso sta alla signora, che si gira per mettere la spesa sul nastro, a volte piegandosi. Il mio sguardo riempie il vuoto della domanda di prima.

Note
¹ Trattasi di un'industria cartaria di produzione carta igienica, asciugatutto pannolini fazzoletti tovaglioli eccetera, fondata dal niente negli anni '60 da alcuni imprenditori del posto dove abito, diventata grande e poi venduta negli anni Duemila alla suddetta multinazionale a suon di miliardi (di lire). Multinazionale che ha tenuto la produzione nel luogo per un po' di anni, poi ha fatto i suoi calcoli, ha preferito delocalizzare portando via macchinari specifici e licenziando circa 300 operai. Hanno portato via macchinari ma non tutti: hanno dovuto lasciare una...

² ...cartiera (produzione dei rulli madre dai quali poi derivano tutti i prodotti che usiamo noi), la quale è stata rilevata da una società italiana, credo, con sede nel lucchese. La cartiera ha riassorbito 60 operai, tra i quali anche l'amico.

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

e dunque la signora dopo aver estorto il plusvalore assoluto al marito estorce, nel turno successivo, anche quello relativo al tuo ex amico. non avevo mai pensato a marx come chiave di lettura anche di questo tipo di rapporti sociali. s'impara sempre qualcosa. ciao