«Prolungamento
della giornata lavorativa oltre il punto fino al quale l'operaio
avrebbe prodotto soltanto un equivalente del valore della sua
forza-lavoro, e appropriazione di questo pluslavoro da parte del
capitale: ecco la produzione
del pluslavoro assoluto.
Essa costituisce il fondamento generale del sistema capitalistico e
il punto di partenza della produzione del plusvalore relativo. In
questa, la giornata lavorativa è divisa da bel principio in due
parti: lavoro necessario e pluslavoro. Per prolungare il pluslavoro,
il lavoro necessario viene accorciato con metodi che servono a
produrre in meno tempo l'equivalente del salario. Per la produzione
del plusvalore assoluto si tratta soltanto della lunghezza della
giornata lavorativa; la produzione del plusvalore relativo
rivoluziona da cima a fondo i processi tecnici del lavoro e i
raggruppamenti sociali.»
Karl
Marx, Il Capitale,
Libro Primo, Quinta sezione,
Capitolo XIV, “Plusvalore assoluto e plusvalore
relativo”, edizione Einaudi,
pag. 623, traduzione di Delio Cantimori.
In
fila alla cassa, alla coop, davanti a me due persone, un uomo e una
donna. Riconosco l'uomo: eravamo amici quando io avevo sui
quattordici, quindici anni, lui ne aveva già diciotto, ma dato che
era poco “sveglio” (è?) preferiva mettersi al livello di noi
ragazzotti anziché stare coi suoi coetanei che lo emarginavano e lo
prendevano pesantemente in giro. Noi, più giovani, lo prendevamo
per i fondelli leggermente,
anche perché, insomma, poteva, se voleva, darcele di santa ragione, era grande e grosso, anche se non aveva una buzza impressionante come ora. Noi lo accettavamo, tuttavia, nel gruppo perché ci faceva comodo avere
un componente che, grazie al fatto di essere maggiorenne, poteva
comprarci le sigarette o i giornalini porno senza difficoltà.
Insomma,
ero dietro lui e una donna, conoscente sua, credo, una discreta milf
dagli occhi blu, il culo sostenuto da leggings marron, che rivelano morbide rotondità, ma di quella morbidezza che per me è
fattore di accogliente benevolenza e non spigoloso
attrito.
Saluto
il «vecchio» amico, lui fa altrettanto e mi domanda se tutto bene,
convenevoli, gli chiedo del lavoro perché sapevo che, alcuni anni or
sono, una fottuta multinazionale¹
(svedese) ha mandato tutti gli operai, lui compreso, in cassa
integrazione, perché essa ha trasferito la produzione altrove, e lui mi
risponde che lavora alla cartiera²
e fa i turni, ha da poco terminato il turno di notte.
La
signora, che era ripeto tra noi due e che si vede conosce bene
l'amico ma non me, gli chiede quando rientra al lavoro e lui risponde
martedì. Al che io gli domando per quali motivi ha libero il lunedì
e lui, anzi lei, che s'intromette, mi dice che alla cartiera lavorano
anche alla domenica, lavorano sempre, tutto l'anno, tranne per Natale
e Santo Stefano, perché la produzione non può essere interrotta, è
a ciclo continuo. Però, faccio tra me e me, e chiedo al mio amico di
quante ore sono composti i turni. Otto ore, risponde, e io gli chiedo
il turno di notte da che ora a che ora e lei, al posto suo, mi dice
dalle 21 alle 5 e io gli chiedo, a lui, se, nelle otto ore, è
prevista una pausa, che so, di una mezz'ora o un quarto d'ora. Lui
scuote la testa e lei mi risponde macché pausa tanto non si stancano
mica, non ti preoccupare. Perché,
dico io a lei, lavori lì anche te? No, mi risponde lei, ci lavora
mio marito, va' tranquillo, fanno un lavoro che non possono stancarsi
neanche a volerlo, stanno lì e controllano che i macchinari
funzionino a dovere per la produzione, fanno tutto le macchine, loro
sorvegliano. E occorrono otto ore di fila moltiplicate per tre per
“soltanto” controllare? Non basterebbero la metà? Per carità,
taglia corto lei, almeno otto ore mio marito me lo levo dalle palle
di casa. Soprattutto la notte?
La
mia domanda resta nel vuoto. La cassiera ha già passato la spesa del
mio amico e ricevuto da lui il pagamento. Adesso sta alla signora,
che si gira per mettere la spesa sul nastro, a volte piegandosi. Il
mio sguardo riempie il vuoto della domanda di prima.
Note
¹
Trattasi di un'industria
cartaria di produzione carta igienica, asciugatutto pannolini
fazzoletti tovaglioli eccetera, fondata dal niente negli anni '60 da
alcuni imprenditori del posto dove abito, diventata grande e poi
venduta negli anni Duemila alla suddetta multinazionale a suon di
miliardi (di lire). Multinazionale che ha tenuto la produzione nel
luogo per un po' di anni, poi ha fatto i suoi calcoli, ha preferito
delocalizzare portando via macchinari specifici e licenziando circa
300 operai. Hanno portato via macchinari ma non tutti: hanno dovuto
lasciare una...
²
...cartiera (produzione dei
rulli madre dai quali poi derivano tutti i prodotti che usiamo noi),
la quale è stata rilevata da una società italiana, credo, con sede
nel lucchese. La cartiera ha riassorbito 60 operai, tra i quali anche
l'amico.
1 commento:
e dunque la signora dopo aver estorto il plusvalore assoluto al marito estorce, nel turno successivo, anche quello relativo al tuo ex amico. non avevo mai pensato a marx come chiave di lettura anche di questo tipo di rapporti sociali. s'impara sempre qualcosa. ciao
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