giovedì 19 settembre 2013

Un invisibile peccatore




Anch'io pecco, però a me Dio non chiama; casomai sono io telefonargli. Adesso sono in bolletta, non ho più i gettoni, è tanto non lo sento e, credo, per farmi chiamare, o anche solo far sì che Lui mi guardi, dovrò peccare di più. Che tipo di peccati? Atti impuri? Mi tocco, mi tocco. Ruberie? L'ultima volta che ho provato a rubare (involontariamente) un grappolo d'uva da schiacciata, alla cassa veloce è suonato il controllo spesa e ho dovuto confessare: 1,10€ di rossore. Non uccidere? Ho fatto fuori, dianzi, tre formiche volanti e un millepiedi strisciante. Non desiderare donna e roba altrui? Roba poca, donne qualcuna ma solo se si liberano della robe, si disoggettificano e restano nude dalla terzultima alla sestultima lettera. 
Infine, per farla breve, mi gioco tutto sul nominarlo invano. Ma chi è che giudica la pertinenza della chiamata (nomina), il chiamante o il chiamato? Dato che, quest'ultimo, rispondere non risponderà, l'autorizzazione uno se la dà solo, facile, no? Dite che non vale? Ok, il Papa ha dalla sua la tradizione, la storia, il canone, miliardi di fedeli che dicono che così stanno le cose? Non ho scampo, sono solo contro tutti. E sono invano.

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