«Quando cominciai a
occuparmi della committenza moderna, all'inizio degli anni settanta,
non immaginavo la ricchezza di sviluppi cui l'argomento poteva dare
luogo. Avevo intrapreso la ricerca quasi per sfida, ma presto scoprii
che il problema era stato indebitamente sottovalutato. A eccezione
degli studi sul Rinascimento e sul barocco italiano, in cui perlopiù
si riconosce nel committente una figura centrale, decisiva, la
storia dell'arte moderna gli ha assegnato un ruolo secondario nel
processo creativo, fin quasi a farlo sparire di scena. Mentre
sembrava naturale, e perfino inevitabile, considerare la committenza
una fonte d'ispirazione artistica nei regimi autocratici o nelle
teocrazie, nella visione borghese – una visione profondamente
radicata – il concetto di committenza come fattore causale
dell'evolversi dell'arte moderna risultava indebolito, dal momento
che la creazione artistica era concepita come manifestazione estrema
di individualismo. Nel mito borghese l'artista è guidato dal suo
genio interiore a compiere capolavori unici, un pregiudizio che trova
la sua espressione forse più chiara nel dipinto di Courbert che
raffigura l'incontro pubblico col suo protettore Bruyas, il quale
s'inchina con deferenza all'artista scontroso e altero riconoscendone
il genio superiore. Il committente concede all'artista la sua più
ampia protezione affinché il suo talento possa sbocciare, ma non
pretende di esercitare un'influenza su di lui.»
Gustave Courbet, La rencontre |
«Naturalmente nessuno si
era curato di osservare che Courbet, chiuso nel suo studio a lavorare
a un'opera che gli avrebbe occupato gli ultimi sette anni di vita,
indossava la stessa giacca alla moda sfoggiata dal suo protettore sia
nella Rencontre che
nell'Atelier du peintre,
dove Bruyas compare a destra insieme agli altri “soci”
dell'impresa del pittore. Se nell'incontro pubblico l'artista aveva
dato voce al mito capitalistico borghese, nel privato del suo studio
riconosceva nei diversi personaggi che rappresentano la committenza,
e nel gioco delle loro interazioni, la fonte della propria
ispirazione, all'interno di un contesto culturale e sociale ben
definito. Ed è da questo contesto che dipende la scelta di dipingere
alla presenza di amici e committenti piuttosto che nel romantico
isolamento en plein air.
L'allegoria
di Courbet ha dunque un significato che contraddice la concezione
secondo cui l'arte è un atto individuale, e che – nonostante il
pittore si raffiguri in primo piano nel quadro – ne suggerisce la
base collettiva. I rispettivi scopi dei vari personaggi tendono a
fare dell'artista e dei suoi committenti un'unica entità sociale. Ed
è per questo che il lato sinistro del quadro ospita una serie di
simboli negativi, che fanno da contraltare al gruppo di sostenitori e
restituiscono così una visione completa della realtà sociale nella
quale si dispiega l'atto creativo.»
Gustave Courbet, L'atelier du peintre. |
«L'insieme
dei personaggi che costituiscono la comunità artistica e la sua
interazione con le forze politiche e sociali formano quello che
definisco il sistema della committenza, e la committenza e il
collezionismo sono entrambi espressioni della partecipazione a una
realtà economico-sociale. In questo senso il committente non è un
singolo individuo o una singola istituzione, ma un'entità che
rappresenta l'intera compagine sociale borghese. Quando si stabilisce
un patto sociale per cui ogni decisione e ogni azione viene
concertata collettivamente, gli individui si trasformano in una
comunità organizzata: nuova unità che costituisce il canale
culturale attraverso cui si rende manifesta l'egemonia ideologica
dell'élite dominante. L'aspetto essenziale di questo processo è
l'affermazione e la difesa del principio di autorità, che permette
di tener unite le identità collettive a quelle individuali, e la
determinazione delle forme che i membri della comunità devono
rispettare per potersi legittimamente esprimere a suo nome. Così la
capacità di dare riconoscimento al lavoro dell'artista e di
garantirne l'esistenza sociale viene da lui ripagata con
l'assicurazione della propria lealtà. Ne consegue che la
circolazione, per acquisto e vendita, dell'opera d'arte all'interno
di un sistema di rapporti di mercato non fa altro che riaffermare
l'iniziale riconoscimento della collettività.»
Albert Boime, “Rethinking Patronage” (Ripensare la committenza),
in Artisti e imprenditori, Bollati Boringhieri, Torino 1990
(traduzione di Bianca Tarozzi).
Appena lette queste due paginette del summenzionato libro che ho ritrovato, immeritatamente, in seconda fila nella parte bassa della libreria, non ho potuto fare a meno ricopiarle e trasporle qui, per aprire un dibattito.
Un di... che?
Fo per dire. È che quando trovo un'interpretazione che mi persuade delle sue ragioni...
Ti convince per intero? Sicuro?
Be' sì. Avevo dei dubbi sul «principio di autorità», che subito ho fugato dato che, ai nostri giorni, «l'egemonia ideologica dell'élite dominante» è talmente egemone e sicura della sua presa del potere che si può permettere il lusso di illudere la società che tale principio d'autorità non esiste, non c'è più, oppure che esiste su misura, se qualcuno ne abbisogna perché desidera un'identità o una fede forti espresse da una precisa autorità.
Termino il post con una domanda: l'arte contemporanea fa cagare perché la committenza ha gusti di merda?
'notte.
2 commenti:
uno dei motivi del perché l'arte non c'è più, o è marginale e sotto mentite spoglie. a dire il vero quasi nessuno sa più cos'è l'arte. ma non è una novità nelle epoche di crisi. ti racconto un aneddoto che ho letto in un libro.
Un tale Lucio Mummio che aveva sacheggiato Corinto viene così descritto da Caio Velleio Petercolo Historiae Romanae, I, XIII, 4:
Mummio fu così rozzo che, avendo conquistato Corinto, appaltando il trasporto in italia di quadri e statue opera della mano dei più grandi artisti, fece avvertire gli appaltatori che se li avessero perduti avrebbero dovuto sostituirli con nuovi.
quelle proposte da te sono le stesse considerazioni che Bachtin svolge a proposito della letteratura, che non è mai una forma d'arte individuale
e tu, caro fratello, vorresti che si aprisse un dibattito su questo tema? quanti commenti pensi che possa raccogliere, qui sul tuo blog oppure su qualsiasi altro, una riflessione del genere?
noi non siamo più nulla se non quello che vuole la réclame, il bussines. dirò due parole in un mio prossimo post (continuazione di un altro recente) dove tratterò del surplus. che ci azzecca moltissimo con l'argomento.
non dispongo delle faccine come nelle mail ma immagina quali sceglierei. un bacione in fronte
Tu mi vizi troppo con i tuoi bacioni ;-)
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