domenica 1 settembre 2013

Il committente intermittente

«Quando cominciai a occuparmi della committenza moderna, all'inizio degli anni settanta, non immaginavo la ricchezza di sviluppi cui l'argomento poteva dare luogo. Avevo intrapreso la ricerca quasi per sfida, ma presto scoprii che il problema era stato indebitamente sottovalutato. A eccezione degli studi sul Rinascimento e sul barocco italiano, in cui perlopiù si riconosce nel committente una figura centrale, decisiva, la storia dell'arte moderna gli ha assegnato un ruolo secondario nel processo creativo, fin quasi a farlo sparire di scena. Mentre sembrava naturale, e perfino inevitabile, considerare la committenza una fonte d'ispirazione artistica nei regimi autocratici o nelle teocrazie, nella visione borghese – una visione profondamente radicata – il concetto di committenza come fattore causale dell'evolversi dell'arte moderna risultava indebolito, dal momento che la creazione artistica era concepita come manifestazione estrema di individualismo. Nel mito borghese l'artista è guidato dal suo genio interiore a compiere capolavori unici, un pregiudizio che trova la sua espressione forse più chiara nel dipinto di Courbert che raffigura l'incontro pubblico col suo protettore Bruyas, il quale s'inchina con deferenza all'artista scontroso e altero riconoscendone il genio superiore. Il committente concede all'artista la sua più ampia protezione affinché il suo talento possa sbocciare, ma non pretende di esercitare un'influenza su di lui.»
Gustave Courbet, La rencontre
«Naturalmente nessuno si era curato di osservare che Courbet, chiuso nel suo studio a lavorare a un'opera che gli avrebbe occupato gli ultimi sette anni di vita, indossava la stessa giacca alla moda sfoggiata dal suo protettore sia nella Rencontre che nell'Atelier du peintre, dove Bruyas compare a destra insieme agli altri “soci” dell'impresa del pittore. Se nell'incontro pubblico l'artista aveva dato voce al mito capitalistico borghese, nel privato del suo studio riconosceva nei diversi personaggi che rappresentano la committenza, e nel gioco delle loro interazioni, la fonte della propria ispirazione, all'interno di un contesto culturale e sociale ben definito. Ed è da questo contesto che dipende la scelta di dipingere alla presenza di amici e committenti piuttosto che nel romantico isolamento en plein air.
L'allegoria di Courbet ha dunque un significato che contraddice la concezione secondo cui l'arte è un atto individuale, e che – nonostante il pittore si raffiguri in primo piano nel quadro – ne suggerisce la base collettiva. I rispettivi scopi dei vari personaggi tendono a fare dell'artista e dei suoi committenti un'unica entità sociale. Ed è per questo che il lato sinistro del quadro ospita una serie di simboli negativi, che fanno da contraltare al gruppo di sostenitori e restituiscono così una visione completa della realtà sociale nella quale si dispiega l'atto creativo.»
Gustave Courbet, L'atelier du peintre.
«L'insieme dei personaggi che costituiscono la comunità artistica e la sua interazione con le forze politiche e sociali formano quello che definisco il sistema della committenza, e la committenza e il collezionismo sono entrambi espressioni della partecipazione a una realtà economico-sociale. In questo senso il committente non è un singolo individuo o una singola istituzione, ma un'entità che rappresenta l'intera compagine sociale borghese. Quando si stabilisce un patto sociale per cui ogni decisione e ogni azione viene concertata collettivamente, gli individui si trasformano in una comunità organizzata: nuova unità che costituisce il canale culturale attraverso cui si rende manifesta l'egemonia ideologica dell'élite dominante. L'aspetto essenziale di questo processo è l'affermazione e la difesa del principio di autorità, che permette di tener unite le identità collettive a quelle individuali, e la determinazione delle forme che i membri della comunità devono rispettare per potersi legittimamente esprimere a suo nome. Così la capacità di dare riconoscimento al lavoro dell'artista e di garantirne l'esistenza sociale viene da lui ripagata con l'assicurazione della propria lealtà. Ne consegue che la circolazione, per acquisto e vendita, dell'opera d'arte all'interno di un sistema di rapporti di mercato non fa altro che riaffermare l'iniziale riconoscimento della collettività.»

Albert Boime, “Rethinking Patronage” (Ripensare la committenza), in Artisti e imprenditori, Bollati Boringhieri, Torino 1990 (traduzione di Bianca Tarozzi).

Appena lette queste due paginette del summenzionato libro che ho ritrovato, immeritatamente, in seconda fila nella parte bassa della libreria, non ho potuto fare a meno ricopiarle e trasporle qui, per aprire un dibattito.
Un di... che?
Fo per dire. È che quando trovo un'interpretazione che mi persuade delle sue ragioni...
Ti convince per intero? Sicuro?
Be' sì. Avevo dei dubbi sul «principio di autorità», che subito ho fugato dato che, ai nostri giorni, «l'egemonia ideologica dell'élite dominante» è talmente egemone e sicura della sua presa del potere che si può permettere il lusso di illudere la società che tale principio d'autorità non esiste, non c'è più, oppure che esiste su misura, se qualcuno ne abbisogna perché desidera un'identità o una fede forti espresse da una precisa autorità.

Termino il post con una domanda: l'arte contemporanea fa cagare perché la committenza ha gusti di merda?
'notte.

2 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

uno dei motivi del perché l'arte non c'è più, o è marginale e sotto mentite spoglie. a dire il vero quasi nessuno sa più cos'è l'arte. ma non è una novità nelle epoche di crisi. ti racconto un aneddoto che ho letto in un libro.

Un tale Lucio Mummio che aveva sacheggiato Corinto viene così descritto da Caio Velleio Petercolo Historiae Romanae, I, XIII, 4:

Mummio fu così rozzo che, avendo conquistato Corinto, appaltando il trasporto in italia di quadri e statue opera della mano dei più grandi artisti, fece avvertire gli appaltatori che se li avessero perduti avrebbero dovuto sostituirli con nuovi.

quelle proposte da te sono le stesse considerazioni che Bachtin svolge a proposito della letteratura, che non è mai una forma d'arte individuale

e tu, caro fratello, vorresti che si aprisse un dibattito su questo tema? quanti commenti pensi che possa raccogliere, qui sul tuo blog oppure su qualsiasi altro, una riflessione del genere?

noi non siamo più nulla se non quello che vuole la réclame, il bussines. dirò due parole in un mio prossimo post (continuazione di un altro recente) dove tratterò del surplus. che ci azzecca moltissimo con l'argomento.

non dispongo delle faccine come nelle mail ma immagina quali sceglierei. un bacione in fronte

Luca Massaro ha detto...

Tu mi vizi troppo con i tuoi bacioni ;-)