«Effettivamente
la sera del 26 settembre 1943, il presidente della comunità israelitica
di Roma e quello dell'unione delle comunità italiane […] erano
stati convocati per le ore 18 all'ambasciata germanica. Li ricevette,
paurosamente cortese e distinto, il maggiore delle SS Herbert
Kappler, che li fece accomodare e, per qualche momento, parlò del
più e del meno in tono di ordinaria conversazione. Poi entrò nel
merito. Gli ebrei di Roma erano doppiamente colpevoli: […] come
italiani per il tradimento contro la Germania e come ebrei perché
appartenenti alla razza degli eterni nemici della Germania; perciò
il governo del Reich imponeva loro una taglia
di 50 chilogrammi d'oro da versarsi entro le 11 di martedì 28. In
caso di inadempienza, razzia e deportazione in Germania di 200 ebrei,
praticamente poco più di un giorno e mezzo per trovare 50 chili
d'oro.
Alle
difficoltà che i due rappresentanti ebrei cercarono di opporgli, il
maggiore ribatté che, a titolo di agevolazione, avrebbe fornito lui
gli automezzi e gli uomini per la ricerca dell'oro.
“I
due Herren non
accettavano?
Va bene, come non detto”,
ma in via sempre di
largheggiare prorogava
di un'ora il termine di consegna. Gli
fu domandato quale fosse la valutazione dell'oro in lire: il Kappler
capì subito l'antifona. “Di lire italiane”, rispose, “il grande
Reich non ne aveva bisogno. E comunque”, sorrise “quando gliene
occorressero, poteva sempre stamparle”.»
Ieri,
ascoltando Moni Ovadia leggere
su Radio Tre 16 ottobre 1943 di
Giacomo Debenedetti, mi ha colpito il brano sopra riportato; e, oggi, leggendo il post odierno di Olympe de Gouges,
ho capito perché.
Effettivamente,
gli americani non sono i tedeschi, non sono “cattivi”, non hanno
eterni nemici, si
sanno anche piegare a certe
sconfitte, e le guerre,
solitamente, le fanno per dare, non per conquistare. Il dollaro è, da decenni, la moneta di riferimento internazionale, con il quale si misura il valore delle cose. Ma cosa c'è dietro il dollaro? Dopo la fine degli accordi di Bretton Woods, nient'altro che la garanzia d'essere il denaro stampato dalla più grande potenza economica e militare.
«Il “valore” dei prezzi di carta che dovrebbero rappresentare la ricchezza di questo mondo è, a dir poco, dieci volte il valore reale. Vale a dire che il 90% della circolazione è costituito di carta priva di controvalore, di coperture effettive. Non è una cosa nuova, inedite sono le dimensioni del fenomeno. Spesso non si tratta nemmeno di carta, ma di semplici registrazioni contabili. Se stampare moneta senza copertura può comportare qualche beneficio interno, sui mercati esteri non funziona se la propria moneta non è considerata valuta di riferimento internazionale, come succede al dollaro, e se non ha alle spalle la prima potenza economica e militare del pianeta. Ma anche in tal caso, prima o poi, il mercato chiede il conto. La Russia già da alcuni anni si libera dei titoli di debito Usa, e la Cina è in procinto di farlo, se già non lo fa.»
«Prima o poi il mercato chiede il conto». E se lo chiederà, il mio timore è che gli americani risponderanno come il Kappler rispose ai rappresentanti della comunità ebraica romana. Vale a dire, se i possessori di tutti i dollari mondiali si presentassero in massa a comprare l'America, cosa risponderanno quelli di Washington? Che non ne hanno bisogno di quei dollari? Che possono sempre stamparli?
2 commenti:
Non è che Russia e Cina siano parametri validi per quanto riguarda gli USA però.
Comunque è vero che si basa tutto su un consenso comune. Ma mi chiedo anche: in base a cosa l'oro sarebbe un valore, se non a un consenso comune?
Certo, ma non va fatta mai confusione tra moneta (segno, misura del valore accettato da tutti come è accettato il metro o il miglio) e denaro (che invece è merce vera e propria, sia esso oro, argento, rame o pelo http://it.wikipedia.org/wiki/Moneta#Denaro_e_moneta)
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