H.M. Enzensberger disse (una ventina d'anni fa) che la tv è il medium zero: ossia, la televisione è come una moltiplicazione avente come moltiplicatore lo zero; quindi qualsiasi cosa essa trasmetta dà come prodotto zero, giacché essa assorbe il reale o lo trasforma in nulla. Tale tesi l'ho cavalcata per un po', finché questo nulla si è concretizzato in Potere reale. Dunque, a mio avviso, il moltiplicatore non è zero ma... Legione (la moltitudine degli spettatori). Vale a dire, ogni trasmissione (moltiplicando) va moltiplicata per il numero di coloro che l'hanno vista e/o subita.
È chiaro che il prodotto difficilmente sarà zero. Anzi.
Berlusconi è il moltiplicando personificato perché si ripete e ripete e ripete: è, infatti e non a caso, il Grande Ripetitore. Per questo, il prodotto che raccoglie è sempre abbondante (nonostante le illusioni di bassa audience), ma mediocre.
L'Eccellenza in tv non appare che raramente per la sua natura stessa di "eccezione". Son fochi fatui che durano lo spazio di una serata. A ognuno di noi sarà capitato di aver visto qualcosa di effettivamente interessante e necessario. Ma altresì ognuno di noi sa benissimo che quanto visto è stato una rarità (Blob a parte).
Si sbagliarono in tanti, a cominciare da Roberto Rossellini (ricordate i suoi meravigliosi documentari per la tv?) nel voler tentare di educare il popolo, artisticamente, intellettualmente, attraverso il medium televisivo. Anche coloro che dicono che la tv dovrebbe essere canale di cultura libraria non sanno quello che dicono. Ripiglio qui pari pari, cito a memoria, di quanto disse Ceronetti in una sua Lanterna Rossa: pretendere che la tv spinga le persone a leggere libri è come pretendere che i macellai invitino i clienti a diventare vegetariani.
La televisione non è dunque il medium zero? Si e no. No, per quanto detto sopra; si, perché in fondo essa ci ammorba la mente e ci vomita addosso, quotidianamente, “l'infimo nulla”. La tv è uno «Scrondo» (ricordate l'Araba fenice?) alla rovescia. E tale vomito ci rimane incollato addosso, e ce lo portiamo appresso più o meno consapevolmente. La tv è un conato continuo che ci indica i modelli da desiderare, le tette da toccare, gli oggetti da comprare, i mezzibellinbusti da votare. Come resistergli? Un libro? Due libri? Il Faccialibro? La Rete? I blog? La strada, la piazza? Che cosa? Non so. Ognuno trovi la sua via.
5 commenti:
Per resistere, il non possesso della tv è essenziale ma non decisivo. Io medito di mandare in frantumi i tubi catodici altrui.
E ancora maledico che il passaggio al digitale terrestre non sia avvenuto qui in Sicilia, ove molti sarebbero rimasti senza segnale (essendo senza decoder)...
io guardo i cartoni animati.
@ Tommy David
Un seghetto a ferro per tagliare i ripetitori farebbe al caso tuo
@ ad Alex
spero tra questi vi sia Spongebob
Con i miei alunni qualche anno fa scrivemmo la prima (forse no, forse ennesima, ma non importa) dichiarazione dei diritti dell’utente televisivo. Non si trattò di una filippica contro il letamaio di culi, fiction e analfabetismo. Tutti parlarono del loro rapporto con la televisione; alla fine della discussione proposi loro la rivendicazione di alcuni diritti. L’idea piacque, loro contribuirono a ideare alcuni degli articoli. La dichiarazione sosteneva che il teleutente ha il diritto ad avere una considerazione ed una dignità pari a quella dei personaggi televisivi, ha il diritto all’esperienza diretta e non mediata, ha il diritto al rifiuto della banalità e della volgarità, ha il diritto a non essere ingannato dalle pubblicità, ha il diritto alla bruttezza, alla lentezza, alla realtà verificata. La mia seconda media firmò ed esponemmo il lavoro su un cartellone affisso nell’atrio della scuola. Forse in quell’invito a controllare l’infantilizzazione televisiva c’era del moralismo, certo non c’era l’illusione di formare dei cittadini della lettera e del libro, alieni al mondo dei tele visionari. Qualcuno di loro, se avesse avuto i mezzi culturali e retorici, avrebbe potuto sostenere il diritto ad un intrattenimento analgesico, ad un surrogato verosimile ma non vero, ad una protesi della realtà depotenziata, alleggerita della lentezza e delle complicazioni, del silenzio e della poesia, della destabilizzazione e del dolore. Quando parlai del diritto alla realtà tutti mi sembrarono capire di cosa stessi parlando. Il diritto alla realtà è democratico e non moralistico; ci consente anche di non demonizzare per partito preso la tv, il cui successo si radica sia sul bisogno della conoscenza che su quello d’essere avvinti da storie non vere (il meraviglioso dei poemi cavallereschi).
Gentile Geremia, la tua condotta mi pare sovversiva, dacché mina alle fondamenta la futura base elettorale dell'attuale maggioranza.
:-)
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