domenica 6 settembre 2009

Rovelli

Scusatemi, ma bisogna che ritorni su questa frase di Panebianco (vedi mio post sotto) che oggi non ha smesso di arrovellarmi: «l’egemo­nia esercitata sulla sini­stra da moralisti che si am­mantano di “virtù repub­blicane” e che incarnano un nuovo partito ghibelli­no». A chi pensa Panebianco, al Partito Democratico? Sta forse scherzando? Pensa davvero che chi nutre una speranza repubblicana minima, alla De Gasperi, alla Fanfani (senza, dunque, nemmeno sforzarmi troppo), sia ghibellino di sinistra? Possibile chi invochi che la Chiesa non invada la scena politica italiana sia considerato un perfido laicista? A noi c'ha rovinato la Resistenza. La Liberazione. La caduta della Monarchia e del fascismo. Era meglio se ci si sorbiva senza finzioni un'altra trentina d'anni di tali sciagure democratiche e forse, forse, ci liberavamo, come in Spagna si sono liberati di Franco, della Chiesa invadente.
Pasolini, ti vorrei qui vivo per commentare, sulle stesse pagine di Panebianco, per rintuzzarlo, per dirgli che lui è il figlio prediletto della cazzo di mutazione antropologica che ci riguarda, noi italiani. Piglio allora da Guido Crainz (Storia del miracolo italiano, Donzelli, Roma 2003) una tua citazione del 1974, caro Pierpaolo, in cui ti arrovellavi tu pure per dirci di non essere troppo entusiasti della vittoria progressista al referendum sul divorzio:

«La mia opinione è che il 59% dei “no” non sta a dimostrare, miracolisticamente, una vittoria del laicismo, del progressismo, della democrazia: niente affatto. Esso sta a dimostrare invece due cose: 1) che i “ceti medi” sono radicalmente, antropologicamente cambiati: i loro valori positivi non sono più quelli sanfedesti e clericali ma sono i valori [...] dell'ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano [...]. L'Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c'è più, e al suo posto c'è un vuoto che attende di essere colmato da una completa borghisizzazione del tipo che ho accennato (modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante, ecc.) il “no” è stata una vittoria, indubbiamente. Ma la indicazione che esso dà è quella di una “mutazione” della cultura italiana: che si allontana tanto dal fascismo tradizionale che dal progressivismo socialista»¹.

Il vuoto è stato ampiamente colmato: trent'anni di modello edonistico berlusconiano si sono saldati al blocco imperante clerico-conservatore che sparge lacrimucce di coccodrillo sugli embrioni e felice respinge i barconi e fa affaroni con Gheddafoni. E la Chiesa è responsabile in massima di parte di questo, soprattutto dopo il crollo del suo garante: la Democrazia Cristiana. La paura di non essere più rappresentata e di essere scrollata di dosso dal paese dal quale trae più nutrimento, ha portato la Chiesa Cattolica a essere l'arbitro della politica italiana, a decidere chi far vincere o perdere. E dato che noi italiani siamo un gregge abbastanza fedele alle istanze pastorali del pontefice, soprattutto a livello pubblico più che privato (la coscienza del peccatore), ecco che chi minimamente si azzarda a reclamare uno spazio pubblico esente dalle istanze vaticane viene additato come pecora nera da espellere, da non prendere in considerazione.
Più si va avanti, più si scrivono pagine di merda per la nostra Repubblica, caro Pier Paolo. C'è solo la piccola illusione che oggi, se si seguisse il modello americano, forse, si ricostruirebbe qualcosa. Obama, anche se potrà fare poco, ha già fatto tanto a essere lì. Obama forse sarà, in qualche modo, una speranza anche per noi.

¹ Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari, Milano 1975

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