martedì 3 aprile 2012

La vocazione del tesoriere

Sono un uomo modesto. Non ho mai avuto (né credo avrò mai) pretese di comando. Il consenso che cerco è limitato alla mia anima (sempre che ne abbia una), a un corpo in cerca di carezze (virtuali e non) e comprensione, corpo e anima pronti a fare altrettanto verso coloro che manifestano simili bisogni. Sono un irrisolto, quindi figuriamoci se mi metto in testa di risolvere i problemi degli altri. Per questo ho sempre avvertito ripulsa verso l'agone politico, anche se qualche decennio or sono, da studente, tentai una piccola avventura meramente comunale. Dico questo perché stasera sono stato a una riunione per certe beghe inerenti la vita pubblica dove abito. C'era il sindaco che ha fatto diversi discorsi a cazzo e non sono stato il solo a notarlo, ma non volevo certo infierire (no: ho infierito, non posso stare zitto se mi si dicono stronzate con la pretesa che io possa fare su e giù col capo, come un automa). Ma non voglio parlare di questo. Pensavo di striscio alla faccenda dei tesorieri. Bel mestiere fino a poco tempo fa. Bastava essere persone fidate e, zac!, ti delegavano la fiducia su svariate milionate di euro. Non credo che nemmeno fosse stato necessario essere ragionieri per diventarlo. Bastava aver fatto il boy scout o il buttafuori nelle discoteche. Ma neanche questo è, in fondo, importante. L'importante è la determinazione. Cioè: io mi metto in testa che nella vita voglio occupare una posizione di rilievo, di potere, di gestione di soldi in abbondanza e devo brigare in un mondo di sotterfugi, di imbrogli e di raccomandazioni, per riuscire a emergere in un ambiente dove quello che conta è essere delle testadicazzo disoneste con dimolto pelo sullo stomaco.
Mamma mia che fatica, che disgrazia, avere avuto questa caratteristica umana, questa indole di metterlo nel culo al prossimo senza il consenso di quest'ultimo. Concedo solo un'attenuante a questi presunti “mariuoli”: non potendo essere tutti figli degli Agnelli, o dei Berlusconi, o dei Rutelli, o dei Bossi, o dei La Russa (leggete qui e non date la colpa a me se vi viene il vomito), ognuno cerca come può di vivere grattando le croste del capitale. A molti, ai più in fondo, la cosa riesce bene: i loro piatti sono sempre ricchi, e la coscienza a posto, non avendo mai trovato per la coscienza il posto dentro sé.

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