lunedì 23 aprile 2012

Narrate, o uomini, la vostra storia


Banalità: siamo tutti delle narrazioni. Abbiamo tutti una storia da raccontare, anche a non averla. Il solo incontro fortuito di ovulo e spermatozoo, col loro corredo genetico (23+23)*, presuppone a monte due storie (minimo) - e così via, se uno volesse a ritroso percorrere il tempo.
Siamo tutti narrazione perché siamo prodotti del passato che vivono un presente che (altra banalità) diventa subito passato, subito ricordo subìto di vita che passa, che fugge, intrattenibile. Ogni attimo di vita che si perde, purché non siano attimi di dolore e sofferenza, provoca struggimento, nostalgia.
È da questo frangente, doloroso e numinoso insieme, che scaturisce la narrazione. Coloro che avvertono questo struggimento del tempo che passa son soliti rifugiarsi, oralmente o per iscritto, nella narrazione, nel racconto, per cercare di catturare non il fuoco del vissuto, ma la cenere - e questo è già molto, compito a volte improbo e comunque parziale.

Quando due persone si incontrano, due persone che non si conoscevano, si capisce subito, dal primo sguardo, dal primo ascolto, dalla prima lettura (vedi alla voce: blog) se v'è in entrambi questa disponibilità e attenzione al racconto e all'ascolto. E allora si parte, ci si fida, si riporta alla luce il passato cercando il più possibile di essere sinceri, perché ogni ricordo è un vissuto che ritrova un suo spazio di vissutezza, in un presente che lo oggettiva dinanzi a qualcuno che se lo vede passare negli occhi della mente come una specie di film.

Narrate, o uomini, la vostra storia, ché nel raccontarla la rivivete doppiamente, soprattutto quando sentite che qualcuno vi ascolta, che qualcuno vi legge, qualcuno partecipa alla vostra vita, meglio: alla vostra storia e vi fa sentire meno soli.

Narrare per comunicare, per darsi in pasto forse, non saprei dire esattamente e lungi da me ogni pensiero di sacralità. O forse il sacro è proprio questo: il totalmente io che comunica con il totalmente altro, e riesce a ritrovarsi, a illuminarsi, a dare quiete e gioia - e la quiete e la gioia già valgono il racconto.


*Sia chiaro, io sono favorevole all'interruzione volontaria della gravidanza e non considero l'embrione un individuo. Qualcuno troverà contraddittorio questo, ma non importa.

3 commenti:

melusina ha detto...

Troppo bello. Mi riconcilia con me stessa e con le mie storie.

Luca Massaro ha detto...

Troppo cara. Mi riconcili con me stesso e con le storie di tutti, tue, mie, quelle di chi ha voglia di raccontare insomma.
:-)

Anonimo ha detto...

Mi sono fidata e affidata, narrandomi con sincerità credendo nella disponibilità e ascolto dell'altro , che c'era, ma doveva essere funzionale al suo solipsistico e disforico presente. Errore madornale