domenica 15 aprile 2012

Al mio bel castello


Ogni tanto cammino intorno al perimetro di certi castelli. Poco fa, mentre mi trovavo, appunto, vicino alle mura di uno di questi, un signore, che stava uscendo dalla porta che conduce alla torre, ha preso a bestemmiare contro il suo cane giocherellone che gli aveva tutto strappato il sacco della spazzatura (sacco che il signore aveva appoggiato a un cipresso, penso prima di caricarlo in auto e portarlo al vicino cassonetto).
Questo signore, se non sbaglio, è uno dei fratelli padroni del castello (sua madre era contessa e non so se anch'egli abbia qualche titolo, chissà).
Io ero lì, riprendevo fiato, contemplavo il panorama e le mura, e pensavo che, tutto sommato, la distanza che separa questo signore di nobili origini da me è minima, molto minima rispetto a quella che poteva intercorrere tra un uomo della mia condizione sociale e un nobile di cinquanta o cento anni fa o, addirittura, dei tempi di Dante - e questo indipendentemente dal redditto e dal patrimonio (il signore è comunque padrone di una parte di castello; io no).

Che cosa ha colmato la distanza? Cosa consente a un figlio dell'Occidente come me di non avvertire più alcun disagio di fronte a qualsiasi nobile o aristocratico che va a caccia di elefanti in Botsuana? Che cosa mi fa ritenere, presuntuosamente, non dico uguale, ma superiore, oh sì, e quanto!, a queste persone, nonostante io non abbia e non sia un cazzo di fronte a loro?

Chiaramente, varie cose occorse nella storia che più o meno tutti conoscono. Io non so esattamente chi devo ringraziare se posso permettermi certi lussi di autostima. Le generazioni precedenti alla mia, sicuramente. Ma la mia di generazione saprà dare alle prossime quanto a noi è stato dato? 
Un altro tal Lucas che camminerà tra cento anni nei pressi di un altro castello penserà le stesse mie cose al riguardo? Avrà, inoltre, un pensiero di gratitudine per noi proletari opulenti d'occidente?

Credo di no, se ci accontenteremo di non perdere troppo di quello che i nostri padri e le nostre madri hanno conquistato.

2 commenti:

astime ha detto...

Sai, mi sto rileggendo Il rosso e il nero a distanza di trent'anni dalla prima volta: se allora la mia attenzione era più focalizzata sui tratti psicologici dei protagonisti, ora, che questi ultimi mi annoiano nella loro prevedibilità, sono più interessata all'aspetto sociologico che viene descritto.
Ne traggo una impressione: non è possibile fermare il corso delle cose, magari rallentare, magari rifluire, ma non fermare.
Resta la nostra vita troppo breve per apprezzare gli effetti del nostro agire nella storia.
Buona serata :)
p.s. uhhh, com'è brutta la frattura all'anca! Come minimo dovrà stare due mesi a letto e, a quell'età, è possibile che non potrà più sparare a essere vivente :))))

Luca Massaro ha detto...

Mi fido della tua impressione cara Astime.
Buona serata anche a te.
:-)

Ah, dimenticavo: viva la repubblica.